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martedì 22 settembre 2015

Dall’Asia all’Ue, sette ore di buio per Skype

Il servizio di chiamate web di Microsoft
salta in tutto il mondo

Prima era toccato ad Amazon. Ossigeno per i concorrenti


Crashare, andare down, trovare un bug: sono solo alcuni dei verbi utilizzati quando un sito web o un’applicazione smettono di funzionare. Gli utenti, di solito, se ne accorgono in due modi: o non riescono a farli funzionare o leggono le notizie sui social network.
Maggiore è il colosso di internet che ne è vittima, maggiore è la satira. E ieri Microsoft, che è nel pieno del suo periodo di transizione verso il potenziamento dei servizi web, è stata al centro di polemiche e ironia. L’hashtag #skypedown è stato tra i più usati su Twitter per ore mentre Skype, il gigante lussemburghese delle videochiamate - acquistato da Microsoft nel 2011 per 8,5 miliardi di dollari - non funzionava. Il blocco è durato tutta la giornata. Solo in serata Skype ha annunciato di aver identificato il problema di rete. "Stiamo riconnettendo i nostri utenti – ha detto la compagnia sul suo blog - Il problema non ha però riguardato quelli business". Chi paga per usarlo (le aziende) non ha avuto problemi. Tutti gli altri, utenti che avevano bisogno di fare chiamate internazionali, o sentire amici a distanza sì. In mattinata la società aveva comunicato che, a causa di un guasto non specificato, non sarebbe stato possibile né videochiamare né modificare il proprio stato tramite l’applicazione. "Ci scusiamo per il disagio, stiamo cercando di sistemare il bug", aveva detto il portavoce, senza fornire dettagli. Nel corso della giornata, i dati e le notizie da tutto il mondo hanno tracciato il quadro di un problema che si estendeva dall’Asia all’Europa. Era già successo nel 2010. L’azienda, che ancora non apparteneva a Microsoft, lo aveva attribuito a una difficoltà con i super nodi (Skype individuava automaticamente i computer connessi che avevano maggiore disponibilità di banda e gli fa smistare le comunicazioni). Con il passaggio a Microsoft, questo sistema era stato superato e Skype si era dotato di data center e server, molto più difficili da mandare in tilt.

Per quanto accaduto ieri, restano le ipotesi: attacchi hacker, sovraccarico dei server, danni alle strutture, l’aggiornamento del sistema operativo o del browser: il blocco è arrivato, infatti, dopo l’annuncio dell’update per Microsoft Edge, il nuovo browser di Redmond. Di sicuro, questo non giova all’immagine di Skype che, recentemente, ha dichiarato di avere una comunità di circa 300 milioni di utenti. E non fanno bene in generale ai colossi del web. La settimana scorsa, Twitter si era bloccato per un’ora, domenica sera è stato il turno di Amazon. Il suo servizio web, in Virginia, ha crashato bloccando alcuni dei siti più popolari del mondo, da Netflix ad Airbnb, passando per Viber. Non sempre si tratta di danni irreparabili. Il problema è legato all’immagine. “Queste situazioni – spiegano gli esperti - sono ideali per l’avanzata della concorrenza. Sono passi falsi che permettono ad altre aziende di farsi notare, di offrirsi come alternative ai grandi del web che tendono a schiacciarle con il loro monopolio”. E anche a dare un’idea di come ormai gli utenti siano in loro potere.

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