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giovedì 29 ottobre 2015

Chi protegge la grande truffa Volkswagen? Eccovi nomi e cognomi

Che ruolo sta giocando il PPE (il più grande gruppo politico del Parlamento Europeo, di cui fa parte Forza Italia) nell'insabbiare il caso Volkswagen? È la domanda che si stanno facendo tutti nei corridoi di Strasburgo dal momento in cui la mozione di risoluzione sulle emissioni presentata dal Parlamento Europeo è stata privata di alcune componenti fondamentali.
In particolare, è stata cruciale, dicevamo, la partita dei popolari. Sono stati loro a voler stralciare:
- qualsiasi riferimento alla Volkswagen;
- alla necessità di restituire i finanziamenti ricevuti per promuovere le vetture Euro 5;
- far riferimento al caso VW come di una truffa;
- non mettere sotto inchiesta l'operato della Commissione Europea, che sapeva da tempo e non ha agito.
Alla domanda in apertura ha risposto, involontariamente, il vicepresidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, ex commissario europeo prima ai trasporti e poi all'industria, nonché uno dei tanti ex "braccio destro" di Silvio Berlusconi. Proprio lui ricevette una lettera scritta nero su bianco dall'allora commissario all'ambiente Janez Potocnik, nella quale si sottolineava una significativa discrepanza in termini di emissioni tra i risultati del test delle case automobilistiche e le prove vere, quelle su strada. Una discrepanza che è la ragione principale per la quale gli standard di qualità dell'aria non scendono verso i valori indicati. In altre parole, ammettere la truffa significa ammettere il sicuro coinvolgimento del più grande gruppo politico europeo e, indirettamente, dell'intero legislativo comunitario.

Il Movimento 5 Stelle ha cercato di smascherare i "traditori dei cittadini" e della salute pubblica in aula, chiedendo le votazioni nominali ad alcuni emendamenti che i portavoce hanno presentato per aggiustare il testo. Si è voluto, in particolare:
- stabilire una vera "authority europea" nell'ambito delle prove automobilistiche (l'auto è l'unico settore del trasporto dove una tale autorità non esiste);
- investigare in profondità sul caso, accertando perché i vari segnali di allarme non sono stati ascoltati, e coprendo l'intero mercato auto;
- individuare le specifiche responsabilità suddividendole tra Commissione Europea, Stati membri, autorità nazionali di controllo e case automobilistiche. Anche alla luce dei conflitti d'interesse che intercorrono tra le varie parti;
- investigare l'adeguatezza dell'utilizzo di fondi pubblici da parte dei fabbricanti responsabili della frode, allo scopo di richiedere rimborsi e/o applicare sanzioni, qualora questo utilizzo si riveli scorretto.

Ecco, di seguito, chi ha votato contro. Una scelta che smaschera, in modo definitivo, gli alleati italiani in Europa della truffa e delle politiche lobbystiche con cui si cerca d'insabbiare anche uno dei più grandi scandali industriali dell'ultimo ventennio.

Nomi, cognomi e gruppo politico degli eurodeputati tricolore:
- PPE (Forza Italia, UDC, NCD): Cesa, Cicu, Cirio, Comi, Dolfmann, Gardini, La Via, Martusciello, Matera, Maullu, Mussolini, Patricello, Pogliese, Salini, Tajani;
- S&D (Partito Democratico): Benifei, Bettini, Bonafè, Bresso, Briano, Caputo, Chinnici, Costa, De Castro, De Monte, Gasbarra, Giuffrida, Gualtieri, Kyenge, Morgano, Mosca, Pittella, Sassoli, Schlein, Soru, Toia, Viotti, Zanonato, Zoffoli;
- ECR: Fitto, Sernagiotto.

La conferenza stampa che alza il velo a Strasburgo sulla votazione per salvare i soliti noti


domenica 27 settembre 2015

La partita del gas naturale e la sovranità dell'Italia


Andrea Cioffi
"L'energia è da sempre un nodo centrale delle politiche strategiche globali. Il gas naturale, in particolare, ha assunto negli anni un'importanza fondamentale nella ridefinizione degli equilibri globali. L'Europa e l'Italia continuano ad essere fortemente dipendenti dalle importazioni di gas. La Russia fa la parte del leone soddisfacendo il 29% del fabbisogno del continente, per un controvalore di circa 50 miliardi di euro l'anno. Dopo il picco del 2005 il fabbisogno europeo di gas è diminuito, ma è anche declinata contemporaneamente la produzione interna. La dipendenza energetica dalla Russia è diventata quindi più stringente. Il Cremlino ha progettato due nuovi metanodotti,oltre a quello dell'era sovietica che transita per l'Ucraina. Si tratta delNorth Stream (che congiunge il Mar Baltico alla Germania saltando i Paesi est europei) e del South Stream (dai Paesi balcanici all'Italia). Ma se il primo è stato realizzato in tempi brevi e ha iniziato a trasportare il gas russo già dal 2011, il secondo è stato infine abbandonato.
In questo modo, considerando che la crisi ucraina ha acuito i problemi di approvvigionamento del gas attraverso la via tradizionale, la Germania si è ritagliata di fatto il ruolo di fornitrice europea del gas russo, tagliando fuori soprattutto l'Italia, già soffocata insieme agli altri Paesi mediterranei dall'austerità tedesca.
A complicare il quadro c'è il recentissimo accordo tra Germania e Russia per raddoppiare la capacità del gasdotto North Stream, portandola da 55 miliardi di metri cubi l'anno a 110, ovvero la quasi totalità dei 117 miliardi di metri cubi l'anno che l'Europa importa dalla Russia.
Il dominio tedesco in Europa, attraverso gli accordi con la Russia, si accompagna ai movimenti extra-europei della stessa Russia, che lo scorso anno ha trovato un accordo con la Cina per venderle 38 miliardi di metri cubi di gas l'anno a partire dal 2017 (gasdotto Power of Siberia). La Russia quindi diversifica le sue esportazioni energetiche globali proprio mentre la UE diventa sempre più dipendente dal gas naturale russo.
Va notato che il successo delle manovre russe dipende in gran parte dal sostegno tedesco e la Germania, con il raddoppio del North Stream, sembra intenzionata a garantire questo sostegno nel tempo. 
La partita interessa anche e soprattutto gli Stati Uniti. I movimenti russi potrebbero essere letti come il tentativo difensivo di slegarsi dal gasdotto ucraino, che non offre più solide garanzie dopo che il Presidente filo-russo Janukovyc è stato sostituito da Porosenko, dichiaratamente filo-atlantico. Sarebbe bene chiedersi quale sia stato il ruolo degli Stati Uniti in questo improvviso capovolgimento politico.
L'Italia, in tutto ciò, non dovrebbe semplicemente accodarsi all'imperialismo più forte (che rimane di gran lunga quello della Nato a guida americana, considerato sia il lato militare che quello economico), ma agire di sponda per riguadagnare le sostanziose porzioni di sovranità sottratte al popolo italiano negli ultimi decenni. 
L'Italia non ha bisogno né di un'Europa a guida tedesca, né di un nuovo imperialismo russo-cinese né del soffocante e deleterio imperialismo americano. I conflitti tra le superpotenze vanno sfruttati, ma sempre tenendo conto che il fine ultimo è la sovranità del popolo italiano.
In questo senso, le principali mosse devono riguardare gli investimenti in efficienza energetica, la produzione distribuita di energia, sistemi di accumulo e sviluppo delle fonti rinnovabili. Ma per passare dalle parole ai fatti servono statisti, e non marionette catapultate a Palazzo Chigi da precisi interessi esteri".

Andrea Cioffi, portavoce MoVimento 5 Stelle Senato

sabato 1 agosto 2015

Il bluff dei dati sulla disoccupazione - La situazione è più grave

Vostro figlio lavora un'oretta al bar di un amico. Così, per guadagnarsi una mancia. In quella settimana lo chiama l'Istat e lo inserisce nelle sue statistiche. Secondo voi vostro figlio verrà considerato occupato o disoccupato? Per l'Istat vostro figlio ha un lavoro. L'incredibile scoperta in realtà non è in alcun modo nascosta, semplicemente nessuno ve la racconta. L'Istituto di statistica spiega chiaramente il metodo usato nel considerare una persona occupata: "Le persone occupate comprendono le persone di 15 anni e più che nella settimana di riferimento - quella in cui viene effettuata la rilevazione - hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario".
Com'è possibile che un dato così importante, nell'epoca in cui uno 0,1% ha la forza di salvare o fare cadere un Governo, venga di fatto gonfiato?
Si tratta di un vero e proprio doping finalizzato a non creare allarmismi, a fare sembrare che le cose stiano meglio di quanto sembrino. Non solo: sarà questo lo strumento attraverso cui proveranno a convincervi che il Job Act avrà creato nuovi posti di lavoro e portato benessere. Non serve avere una palla di vetro per capire che le cose andranno così, per un semplice motivo: è già successo.
In Germania dal 2000 al 2013 sono stati creati 2,38 milioni di posti di lavoro. Lo afferma lo Iab, l'agenzia di statistica tedesca (la loro Istat). Renzi verrebbe fatto santo con simili dati, neanche Berlusconi ha osato promettere tanto. Qualcuno ha già iniziato a incensarlo dopo i numeri di gennaio che registrano uno "strepitoso" calo della disoccupazione in Italia rispetto a dicembre: del ben 0,1%. Roba che se vostro figlio sabato non dovesse lavorare quell'oretta a Renzi torna la depressione (pensate quanta responsabilità ha quel ragazzo!).
Tornando ai dati tedeschi, c'è qualcosa che i numeri sull'occupazione non vi dicono: che dal 2000 al 2013 il monte ore lavorato non è cambiato, 57,92 miliardi nel 2000 e 58,07 miliardi nel 2013. Cosa vuol dire? Che non si è creato nuovo spazio di lavoro ma si è distribuito quello che già c'era pagando meno i lavoratori (e facendo risparmiare molti contributi alle aziende attraverso gli sgravi). Lo hanno fatto con i Mini-Job, contratti a tempo a 450 euro al mese che oggi interessano ben il 21% dei tedeschi. In totale, poi, il numero dei lavoratori con contratti a tempo determinato sono aumentati di 2,1 milioni. Visto da questo punto di vista non può meravigliare il fatto che 13 milioni di tedeschi vivano sotto la soglia di povertà (nonostante sia l'economia più solida del continente).

In Italia accadrà lo stesso. La propaganda è già iniziata.
Gianluca Coviello