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DI BATTISTA - 11.05.2016 OTTOEMEZZO

11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

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sabato 19 settembre 2015

Il presidente della Vigilanza sulla Rai: “Mediaset, Sky e viale Mazzini danno spazio solo a Renzi e Berlusconi, noi facciamo paura”

“I tg oscurano il M5S, servono nuove leggi sull’informazione”


Il Movimento è stato cancellato da Mediaset e ridotto al minimo sui tg Rai. I membri dell’Agcom devono dimettersi, ma è tutto il sistema che va cambiato: stanno uccidendo il diritto all’informazione”. Roberto Fico, deputato del M5s e presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, spiega così la protesta dei 5Stelle, che ieri hanno presentato tre esposti al garante per le comunicazioni “per la mancanza di pluralismo televisivo nelle testate Rai, Mediaset e Sky”.

Vi sentite boicottati?
I numeri di Open tg, il nostro sito che diffonde i dati dell’Agcom, sono chiarissimi. A giugno e luglio, il Movimento ha avuto solo il 3 per cento del tempo sul Tg4e addirittura nulla su Studio Aperto (Italia Uno), a fronte dell’oltre 70 per cento per Forza Italia. Sul Tg1 non va molto meglio: in luglio ci hanno dato solo l’8 per cento dello spazio, mentre al governo è stato riservato il 40 e il Pd ha avuto il 20. Maggioranza e governo traboccano anche su Sky, con oltre il 70 per cento. Noi quasi non esistiamo.
Perché?
Siamo stati oscurati nel momento in cui il messaggio del Movimento è stato recepito in modo più profondo dai cittadini. Facciamo paura. Ma non sarà qualche tg a fermarci.
Però vi lamentate
In gioco ci sono gli spazi democratici, e l’Agcom non ha fatto nulla. Eppure ha i poteri per intervenire, con multe salate e obbligando i canali a riequilibrare. Ma è rimasta ferma, soprattutto di fronte alla scandalosa situazione su Mediaset. Forse dipende dal fatto che tra i suo membri c’è il forzista Antonio Martusciello?
Conflitto di interesse?
Se il controllore viene lottizzato dal controllato, il sistema salta.
E quindi?
Credo che i consiglieri dell’Agcom debbano dimettersi. Ma il dato principale è che bisogna cambiare le norme. Attualmente il Consiglio viene nominato da governo e Camere, cioè dai partiti. Questo legame va reciso, e per farlo presenteremo un ddl, da qui a un mese.
Basterà?
No, e infatti lavoriamo a una legge più complessiva, per la tutela del pluralismo nelle tv. Metteremo alcuni paletti, tutelando sempre la libertà di informazione.
Esiste una legge sulla par condicio
È una legge del 2000, ormai medioevale, basata solo sul concetto di tempo di parola e non sulla qualità. Il Tar ha detto che bisogna tenere conto anche di come viene trattata la notizia, del tipo di domande e di inquadrature. Ci vuole un giusto connubio tra durata e qualità dei servizi.
Ne ha parlato con la presidente Maggioni e il dg Campo Dall’Orto?
No, ma presto riceveranno una mia interrogazione sugli spazi nei tg. È un tema che tocca anche altre forze politiche, ed è mio dovere difenderle come presidente della Vigilanza. Va rispettato un equilibrio che è alla base di una democrazia sana, perché è un interesse che riguarda tutti.
Il Pd protesta per le interviste a Di Maio e Di Battista a Ballarò . E ha spinto per la convocazione in Vigilanza del direttore di Rai3 Vianello.
Non c’è stata alcuna violazione. Martedì discuteremo con lui dei talk show, non ci saranno processi.
Le nuove nomine per i tg non arrivano
Non conosco i tempi. Ma su queste poltrone sono in corso scontri sotterranei, durissimi.
Saranno merce di scambio nelle trattative sul Senato?
La situazione politica influisce sempre sulla Rai.
Il M5s si è appellato più volte al presidente della Repubblica Mattarella perché fermi la riforma
Ci aspettiamo un suo cenno. Però non ha detto nulla sulla forzatura di pochi giorni fa, quando hanno portato il testo direttamente dalla commissione in aula. Ormai è difficile che faccia qualcosa.
Perché non interviene?
Non vuole lo scioglimento delle Camere, e teme che saltando la riforma salti anche il governo. Ma così si sacrifica la Costituzione.


VIDEO della conferenza stampa di Roberto FIGO

venerdì 18 settembre 2015

Italia senza informazione: Italia senza democrazia

L’Italia nella classifica mondiale della libertà di stampa, realizzata come ogni anno da Reporter senza frontiere, si trova al 73esimo posto, tra la Moldavia e il Nicaragua, 24 posizioni in meno rispetto all’anno precedente. Senza informazione non ci può essere democrazia.

intervento di Roberto Fico

"Che fine ha fatto il pluralismo politico nel nostro Paese?

I dati di Open Tg da giugno ad agosto sono allarmanti [da oggi, potete consultarli qui]. Rispetto all'ultimo trimestre analizzato prima della pausa estiva, la situazione non accenna a migliorare.






VIDEO Roberto Fico presenta Open Tg

Nei notiziari Mediaset è precluso il diritto di ogni cittadino ad essere informato, dal momento che alcune forze politiche sono state letteralmente cancellate (al Movimento, per citare un esempio, è stato attribuito il 3% e lo 0% nei mesi di giugno e luglio, rispettivamente da parte del Tg4 e di Studio Aperto), mentre Forza Italia raggiunge livelli di presenza inconcepibili sfiorando anche il 71%. Soltanto il Tg5 tende a salvaguardare un equilibrio, ma esclusivamente tra Pd e Forza Italia.
Negativa la situazione del servizio pubblico, dove, al di là della disparità di trattamento tra le forze politiche, è il dato del Governo ad allarmare (40% a luglio nel Tg1, 47% a giugno su Rainews).
Anche il TgLa7, nonostante un certo riequilibrio a giugno e a luglio, mostra nel complesso uno schiacciamento sulle forze politiche della maggioranza e sul Governo; lo stesso che caratterizza, senza soluzione di continuità, SkyTg24.
Siamo consapevoli che il pluralismo politico nell'informazione non può esprimersi attraverso dei numeri, perché informare significa riportare alla collettività la realtà dei fatti con la massima obiettività e imparzialità. Ma è altrettanto vero che, se le percentuali sono sempre le stesse, se determinate forze politiche sono sistematicamente cancellate o sottorappresentate nei telegiornali, nonostante l’intensa attività profusa dentro e fuori dal Parlamento, ciò significa che l’informazione non è sana, significa che esiste una precisa volontà di tutelare gli interessi della maggioranza e del Governo di turno. E così muore la funzione critica, di "contropotere", che il sistema dell’informazione è chiamato a svolgere in un Paese democratico.

Rispetto alla Rai, noi auspichiamo che i nuovi vertici diano immediatamente un segno della loro volontà di invertire la rotta anche, e soprattutto, in questo ambito. Per il servizio pubblico è l’ultima chiamata."