Cene, aerei e caffè Ignazio giramondo e il “suo” bancomat
Lui, strano ma vero, è in volo per gli Stati Uniti. È
rimasto agli uffici del Campidoglio il compito di rispondere ai chiarimenti
sollevati dal Movimento Cinque Stelle. La risposta, per la verità, è piuttosto
netta: fare le pulci alle spese di rappresentanza del sindaco giramondo,
annunciano, sarà un buco nell’acqua. Tutto è documentato, dicono dallo staff
del sindaco, tutto è già pubblico sul sito di Roma Capitale, i Cinque Stelle
che hanno richiesto l’accesso agli atti saranno accontentati e l’istruttoria
avviata dall’Organismo di revisione economico finanziaria del Comune di Roma
non è che un atto dovuto, normale conseguenza della richiesta di chiarimenti da
parte di un gruppo consiliare.
EPPURE , passare una giornata da “bancomat” di Ignazio
Marino è un viaggio, nel vero senso della parola. Perché è vero che le spese di
rappresentanza annue del sindaco di Roma sono in linea con quelle delle altre
grandi città e che a ogni uscita corrisponde una - più o meno discutibile -
esigenza istituzionale. Ma è vero pure che non tutti i rimbalzi tra
Philadelphia e Vienna, Londra e San Francisco finiscono chiari e tondi nei
rendiconti pubblicati sul sito, specie in quelli relativi alle missioni. Per
esempio, almeno stando a ll ’allegato 10 accessibile via web, della trasferta
americana di settembre 2014 non c’è traccia. Non che fosse un viaggio di piacere:
proprio come in questi giorni, Ignazio Marino era “vo - lato in California alla
ricerca di mecenati e risorse per rifare il look ai monumenti della Capitale”
(e pure per prendere esempi dalla città che ha raggiunto l’ambizioso traguardo
dei “rifiuti zero”, beati loro). In quella trasferta, con la carta di credito
che il Comune gli mette a disposizione per spese impreviste (che quindi non
possono rispettare le lungaggini della burocrazia amministrativa) ha speso
circa 700 euro in servizi di catering, altri 1.000 li ha dati a una società di
eventi, altrettanti li ha spesi per noleggiare un auto alla Bay Area Limousine
(ma, precisiamo, in catalogo ci sono pure berline e minivan). Aggiungi una cena
e una notte al Four Season e altri 500 euro se ne sono andati. Tutto
documentato, sia chiaro. Ma apparentemente fuori dal radar della trasparenza
vantata dall’amministrazione capitolina. Nulla di illecito, lo ribadiamo, al
netto delle valutazioni che farà l’organismo del Comune di Roma: semplicemente
prendiamo atto che, al di là di quanto si possa conoscere agilmente con un
clic, il portafogli del sindaco ha delle uscite meno facilmente intellegibili.
Quando non è in giro per il mondo, il posto del cuore di Ignazio Marino è la
terrazza di Palazzo Manfredi, favoloso albergo affacciato sul Colosseo. Il
sindaco li porta tutti lì: medici trapiantologi, ambasciatori del Kuwait,
magnati uzbeki. Obiettivo: convincerli che la Capitale d’Italia è il luogo
giusto per fare investimenti. Per carità, la tecnica a volte funziona: Alisher
Usmanov, alla fine ha staccato un assegno da 900 mila euro per restaurare una
sala dei Musei capitolini e pure una fontana del Quirinale. Per ringraziarlo
vuoi non invitare lui e altre 11 persone al Manfredi e spendere 3.540 euro?
Sulla serie di cene romane, al momento, non risultano altrettanti successi:
comunque al ristorante con vista Colosseo, Marino ci va una volta al mese e
quando va male il conto è di 780 euro.
SE NON
VENGONO a trovarlo, è lui che si muove. Il sindaco-ambasciatore, per dire, a
giugno, appena rientrato dal “solito” viaggio a Philadelphia, si è messo su un
aereo, direzione Londra per andare a incontrare l’amministratore delegato di
Google Art. “L’idea è quella di arrivare a una digitalizzazione del patrimonio
artistico non esposto dei musei comunali e conservato nei sotterranei”. Un
drink da Imli street, a Soho, poi cena da 282 euro al tempio del giapponese,
Matsuri. Al mattino, un caffè. Tre sterline e sessanta, striscia la carta.
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