“La Carta non si può cambiare con maggioranze pro tempore”
Archivio di Montecitorio, Camera dei deputati. Proposta di legge
di riforma costituzionale numero 2115. Con il sistema elettorale maggioritario
in vigore, la Carta va schermata e protetta per annullare le eventuali derive
autoritarie con una maggioranza dei due terzi. Sempre e comunque. Il preambolo:
“È opinione diffusa, se non pressoché pacifica, che
l’adozione di sistemi elettorali maggioritari debba essere accompagnata da una
riconsiderazione del sistema delle garanzie costituzionali. Una democrazia
maggioritaria matura si fonda sulla comune e diffusa convinzione che il
principio maggioritario debba dispiegarsi appieno per quanto riguarda le scelte
di governo, ma trovi un limite invalicabile nel rispetto dei principi
costituzionali, delle regole democratiche, dei diritti e delle libertà dei
cittadini: princìpi, regole, diritti, libertà che non sono e non possono essere
rimessi alle discrezionali decisioni delle maggioranze pro tempore”.
In calce, le firme di 65 parlamentari, indipendenti, ex
comunisti, ex democristiani: Franco Bassanini, Leopoldo Elia, Sergio Mattarella,
Giorgio Napolitano, Walter Veltroni, Antonello Soro, Rosy Bindi, Piero Fassino,
Sandra Bonsanti. Era il 28 febbraio 1995. Qualcuno ha lasciato Montecitorio,
non il potere. Qualcuno è rimasto fedele a se stesso, strenuamente. Qualcuno è
scomparso, rimpianto. E qualcuno ha cambiato idea, totalmente. E l’ultimo
esempio riguarda Napolitano. Sergio accanto a Giorgio, assieme sul frontespizio
del documento della Camera. I futuri presidenti della Repubblica suggerivano
una legge per salvare la Costituzione dal berlusconismo (ancora agli albori,
seppur già sospeso). A Palazzo Chigi c’era Lamberto Dini, si votava con il Mattarellum
(l ’autore è proprio l’attuale presidente). Oggi il renzismo ha plasmato
l’Italicum (maggioritario spinto con nominati) che (mal) si combina con la
riforma costituzionale che rende inutile il Senato e disintegra il
bicameralismo. Maggioranza pigliatutto, minoranza ininfluente. Adesso che al
governo c’è Matteo Renzi, che per approvare la sua riforma a Palazzo Madama
promuove la pesca a strascico dei senatori con la regia del mozzo Denis
Verdini, Napolitano non avverte pericoli. Il contrario: il senatore a vita
trama per il buon esito in aula. E neanche Bassanini, che peraltro ha suggerito
un lodo, appare in allarme. Non di certo Soro, già comodo da tempo all’Autorità
per la privacy. Chissà Mattarella, ancora taciturno. Il testo del ‘95 aveva
l’ambizione di imporre sempre la maggioranza dei due terzi degli aventi diritto
al voto per approvare le modifiche costituzionali, per eleggere l’inquilino del
Quirinale e avrebbe rafforzato lo strumento del referendum (di fatto, in
qualsiasi caso possibile). L’atto n. 2115 ha vent’anni, ma non li dimostra:
“Appare necessario e urgente sottoporre a una riconsiderazione il sistema delle
garanzie costituzionali, a partire dai meccanismi di tutela della rigidità
della Costituzione, e dalle norme volte a tutelare l’indipendenza e
l’imparzialità degli organi di garanzia. Come è noto, questo sistema fu
concepito in correlazione con la prevista adozione di un sistema elettorale
proporzionale. (…) Un adeguamento delle garanzie costituzionali è una condizione
essenziale perché ogni futura competizione elettorale possa svolgersi in
condizioni di serenità e certezza democratica: la certezza che le regole non
saranno riscritte a suo piacimento dalla maggioranza che uscirà dalle urne; che
i diritti e le libertà dei vinti (e di tutti i cittadini) non saranno alla
mercé della volontà dei vincitori. E una garanzia che la destra deve dare alla
sinistra e che la sinistra deve dare alla destra”. Oggi, vent’anni dopo, Renzi
minaccia di trasformare Palazzo Madama in un museo non ancora definito (segue
smentita tattica), procede incurante dei dissenzienti interni al suo partito e
fa sapere a Pietro Grasso, presidente di un Senato da tramutare in dopolavoro
per i consiglieri regionali, che non può intralciare l’avanzata delle truppe.
Mattarella e colleghi avevano già pensato a un antidoto, valido all’epoca per
Berlusconi e magari ora per Renzi: “Proponiamo di elevare a due terzi la maggioranza
costituzionalmente prescritta per approvare leggi costituzionali o di revisione
della Costituzione, per riformare i regolamenti parlamentari, e per eleggere i
principali organi di garanzia (presidente della Repubblica e giudici
costituzionali di designazione parlamentare). Si ristabilirebbe così, nelle
nuove condizioni create dalla legge elettorale maggioritaria, il principio del
necessario confronto fra maggioranza e opposizione nella definizione delle
regole”.
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