Riforma del Senato: cosa cambia e cosa prevede
Quanti saranno i senatori?
A Palazzo Madama siederanno in 100 in luogo dei 315 di oggi, così ripartiti: 74
consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 personalità illustri nominate dal
presidente della Repubblica. Saranno i Consigli regionali a scegliere i
senatori, con metodo proporzionale, fra i propri componenti. Inoltre le regioni
eleggeranno ciascuna un altro senatore scegliendolo tra i sindaci dei
rispettivi territori, per un totale, quindi, di 21 primi cittadini che
arriveranno a Palazzo Madama. La ripartizione dei seggi tra le varie Regioni
avverrà "in proporzione alla loro popolazione" ma nessuna Regione
potrà avere meno di due senatori. La durata del mandato di questi ultimi sarà
di sette anni e non sarà ripetibile. Andranno quindi a sostituire i senatori a
vita e saranno scelti con gli stessi criteri: "cittadini che hanno
illustrato la patria per i loro altissimi meriti".
I senatori saranno eletti?
Non saranno più eletti direttamente dai cittadini; si tratterà invece di una
elezione di secondo grado che vedrà approdare in Senato sindaci e consiglieri
regionali, il primo rinnovo del Senato li vedrà "eletti" tutti
contemporaneamente, dopodiché la loro elezione sarà legata al rinnovo dei
consigli regionali. Il sistema sarà proporzionale per evitare che chi ha la
maggioranza nella regione si accaparri tutti i seggi a disposizione. Quale sarà
lo stipendio dei senatori? I consiglieri regionali e i sindaci che verranno
eletti al Senato non riceveranno nessuna indennità, il che dovrebbe portare
allo Stato un risparmio di oltre 50 milioni di euro ogni anno. Con i risparmi
che dovrebbero arrivare grazie all'unificazione degli uffici di Camera e Senato
(e altro modifiche all'insegna dell'ottimizzazione, non meglio specificate) si
dice che si potrebbe arrivare anche a mezzo miliardo di risparmi.
Quali sono i poteri del nuovo Senato? Palazzo Madama avrà molti meno poteri e verrà superato il
bicameralismo: innanzitutto non potrà più votare la fiducia ai governi in
carica, mentre la sua funzione principale sarà quella di "funzione di
raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica", che
poi sarebbero regioni e comuni. Potere di voto vero e proprio invece il Senato
lo conserverà solo riforme costituzionali, leggi costituzionali, leggi sui
referendum popolari, leggi elettorali degli enti locali, diritto di famiglia,
matrimonio e salute e ratifiche dei trattati internazionali.
Il ruolo consultivo del Senato. Il Senato avrà però la possibilità di esprimere proposte di modifica
anche sulle leggi che esulano dalle sue competenze. Potrà esprimere, non dovrà,
su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti e sarà costretto a farlo in
tempi strettissimi: gli emendamenti vanno consegnati entro 30 giorni, la legge
tornerà alla Camera che avrà 20 giorni di tempo per decidere se accogliere o
meno i suggerimenti. Più complessa la situazione per quanto riguarda le leggi
che riguardano i poteri delle regioni e degli enti locali, sui quali il Senato
conserva maggiori poteri. In questo caso, per respingere le modifiche la Camera
dovrà esprimersi con la maggioranza assoluta dei suoi componenti. Il Senato
potrà votare anche la legge di bilancio, le proposte di modifica vanno
consegnate entro 15 giorni e comunque l'ultima parola spetta alla Camera.
La corsia preferenziale governativa. Il potere del governo cambia radicalmente: le regole per emettere i
decreti legge diventano più rigide, dovranno "recare misure di immediata
applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al
titolo". I provvedimenti governativi ritenuti essenziali, in compenso,
dovranno essere votati dalla Camera entro il termine tassativo di 60 giorni,
passati i quali il provvedimento sarà posto in votazione senza modifiche,
articolo per articolo e con votazione finale. La riforma del Titolo V. Con la
modifica del Titolo V della Costituzione viene rovesciato il sistema per
distinguere le competenze dello Stato da quelle delle regioni. Sarà lo Stato a
delimitare la sua competenza esclusiva (politica estera, immigrazione, rapporti
con la chiesa, difesa, moneta, burocrazia, ordine pubblico, ecc.). Esame
preventivo di costituzionalità. Aumentano anche i poteri della Corte
Costituzionale, che potrà intervenire, sempre su richiesta, con un giudizio
preventivo sulle leggi che regolano elezioni di Camera e Senato. La Consulta
dovrà pronunciarsi entro un mese, mentre la richiesta va fatta da almeno un
terzo dei componenti della Camera. In questo modo si eviterà di avere una legge
elettorale per anni e anni salvo poi scoprire che si tratta di una legge
incostituzionale. L'elezione del presidente della Repubblica. Non sono più
previsti i delegati regionali e si modifica il quorum. Nei primi quattro
scrutini è necessario il quorum dei due terzi, dal quinti all'ottavo dei tre
quinti, mentre dopo l'ottavo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Referendum: cambiano le regole per la raccolta firme e il raggiungimento del
quorum, e viene introdotto il referendum propositivo o di indirizzo.
L'Articolo 2 della
riforma del Senato: che cos'è e cosa dice
Che cosa dice l'articolo 2
della riforma del Senato e perché fa litigare il Partito Democratico.
Ma che cos'è questo articolo
2 della riforma del Senato e perché sta creando tutto questo caos
all'interno del Partito Democratico, mettendo anche a repentaglio
l'approvazione stessa di una delle riforme cardine dell'azione di governo? Si
tratta di uno degli articoli decisivi, che regola la composizione e la modalità
di nomina di coloro i quali faranno parte del nuovo Senato.
Cosa dice l'articolo 2? "Il
Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi
delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati
dal Presidente della Repubblica. (I consigli regionali) eleggono, con metodo
proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per
ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori. La durata del
mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni
territoriali dai quali sono stati eletti".
Messa così, è chiaro, non
può che trattarsi di una elezione indiretta, di secondo grado. Gli
elettori eleggono i consigli regionali e sarà poi compito dei consiglieri
regionali decidere chi mandare nel nuovo (e depotenziato) Senato.
Qual è il pomo della discordia?
Ormai non ci sono più problemi di sorta sul fatto che il nuovo Senato avrà solo
100 componenti, tutta la bagarre si concentra su modifiche - richieste dalla
minoranza Pd - che rendano il Senato elettivo.
Il problema è che l'articolo
2 è già stato approvato in doppia lettura, modificarlo significherebbe
ripartire con ulteriori passaggi tra Camera e Senato, allungando notevolmente i
tempi. Ma c'è di più: non si può modificare l'articolo 2, essendo già stato
approvato senza emendamenti per due volte (il Senato, in questa situazione, può
discutere solo emendamenti introdotti dalla Camera). Anche qui, però, c'è una
controversia non da poco: alla Camera l'articolo 2 è stato approvato con una
formula che recitava: "La durata del mandato dei senatori coincide con
quella degli organi delle istituzioni territoriali nei quali sono
stati eletti" (cosa che, peraltro, rendeva possibile l'elezione diretta).
Al Senato, invece, la formulazione è stata cambiata in quella attuale: "La
durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle
istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti". Una
modifica, quindi, c'è: l'articolo 2 non è stato approvato uguale nelle
due camere.
Il problema è che questa modifica non è stata introdotta
con un emendamento, e quindi non si potrebbe cambiare nuovamente. Se non fosse
che c'è un precedente del 2005 in cui si è deciso diversamente. La questione è
cavillosa ed è il presidente del Senato Grasso che si sta occupando di
dirimerla (senza però voler anticipare quale sia la sua opinione).
Nessun commento:
Posta un commento