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11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

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giovedì 29 ottobre 2015

Dalla Croazia stop alle trivellazioni in Adriatico, esulta il Movimento 5 Stelle: "Saggio così"

La Croazia dice no a nuove attività estrattive di fronte alle sue coste e il Movimento 5 stelle esulta. "Un calcio nei denti dei fan nostrani degli idrocarburi", da Romano Prodi a Matteo Renzi, sottolineano l'europarlamentare Marco Affronte e il consigliere regionale in Emilia-Romagna, Andrea Bertani. Certo la decisione prende di sorpresa anche loro, tanto che Affronte si augura che non sia solo una "trovata elettorale, visto che l'8 novembre ci sono le elezioni politiche". Ma se confermata smentisce chi per anni ha recitato il ritornello che "i croati avrebbero succhiato il nostro petrolio da sotto il mare, e noi saremmo stati dei fessi a non farlo".
A questo punto, aggiunge Affronte, serve un 'all in' sulle energie alternative: anche se si trovasse del petrolio, infatti, "non sarebbe altro che un rinvio di pochi anni di un problema che prima o poi si presenterà: gli idrocarburi non sono rinnovabili, sole, mare e vento invece sì". 
Bertani trova "saggia" la scelta della Croazia, in quanto tutela mare, pesca e turismo, mentre "la miopia di chi vuol continuare a mettere a repentaglio la salute del mare è incomprensibile". Il buonsenso può prevalere, conclude, "a patto che i politici che prendono le decisioni siano onesti e disinteressati".

sabato 17 ottobre 2015

Un regalo da 330 miliardi ai petrolieri

Chi inquina è pagato. Nel caso delle compagnie petrolifere il sacrosanto principio 'chi inquina paga' viene addirittura ribaltato. Quando si parla di petrolio i danni ambientali sono per tutti, i profitti per pochi. Secondo un report del Fondo Monetario Internazionale, i soldi pubblici stanziati in Europa in favore delle compagnie petrolifere ammontano a 330 miliardi di dollari all'anno. Una montagna di soldi che passa dalla tasca del contribuente europeo a quella del petroliere grazie a sussidi, finanziamenti per infrastrutture, gasdotti e depositi mediante la Banca Europea degli Investimenti. A livello globale sono oltre 5 mila miliardi di dollari i finanziamenti per carbone, petrolio e gas che provengono soprattutto dai Paesi avanzati.
Questo enorme regalo alla lobby del petrolio produce - direttamente e indirettamente - un aumento del 20% delle emissioni globali di Co2. Con un loro taglio si libererebbero risorse che porterebbero a una crescita del PIL mondiale del 3,5%. Le lobby delle fonti fossili sono potenti, bisogna avere però il coraggio di realizzare una politica che abbia a cuore l'interesse generale.
Il portavoce Marco Affronte ha partecipato alla stesura del rapporto di iniziativa del Parlamento europeo in vista della Conferenza dell'Onu sul cambiamento climatico di Parigi. 
I punti principali di questa relazione sono: una riduzione del 50% vincolante entro il 2030 delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 e un obiettivo di efficienza energetica vincolante per l'UE del 40% per il 2030.
Inoltre, stride l'impegno di creare un fondo per i Paesi in via di sviluppo di appena 100 miliardi di dollari quando se ne spendono 5 mila miliardi per sostenere le compagnie petrolifere.
Sono parole e promesse, scritte nero su bianco, ma pur sempre parole e promesse. La strada verso Parigi è molto tortuosa. Gli impegni, infatti, devono poi essere mantenuti e la 'virtuosissima' Europa, come ha insegnato il caso Volkswagen, ha molto da rimproverarsi.
L'Unione Europea si definisce leader nella lotta contro i cambiamenti climatici, ma le politiche dei suoi Stati membri ne contraddicono spesso gli impegni , come nel caso dell'Italia che ha autorizzato la ricerca del petrolio con le trivelle nel Mar Adriatico. Si combatte così il riscaldamento globale?
Il Movimento 5 Stelle sarà a Parigi e, con il portavoce al Parlamento europeo Marco Affronte, farà sentire forte la sua voce.

Ascolta e condividi l'intervento di Marco Affronte durante la plenaria del Parlamento europeo e la risposta del Commissario "petroliere" Miguel Arias Cañete che promette la fine dei sussidi al fossile entro il 2025. Sarà vero?
Fonte

mercoledì 14 ottobre 2015

Blackout - I prezzi, agganciati al petrolio, sono crollati. Il fornitore sta fallendo, lo Stato non vuol rinegoziare e pagherà di più

Energia, lo scontro che può costare 100 milioni alla PA


Il braccio di ferro è tale che l’esito sarà questo: dal primo novembre alla pubblica amministrazione verrà tolta la corrente. Non per morosità, ma perché il fornitore, dissanguato, ha deciso che così non può andare avanti. L’effetto sarà che per continuare a tenere la luce accesa nei municipi, nelle scuole o negli ospedali si spenderà di più. Molto di più: un aggravio che potrebbe sfiorare i 100 milioni per i prossimi due mesi. Per quanto incredibile, succederà. E il motivo è semplice: la Consip, l'organismo che bandisce le gare per la Pa e fa da acquirente unico in grado di spuntare prezzi “convenzionati” più bassi, ne ha spuntato uno che si sta rivelando davvero troppo basso, insostenibile per il fornitore, la Gala spa, azienda romana quotata in Borsa, che negli ultimi sei mesi ha perso il 53% a Piazza Affari: è costretta a comprare a 50-60 e rivendere a 35. Ma Consip a tornare indietro non ci pensa proprio. E mercoledì lo ha messo nero su bianco in una missiva spedita alla società. La storia è sintomatica dei meccanismi perversi a cui si può impiccare la burocrazia. Finora la Pa si è rifornita di energia a prezzi da discount: 35-40 euro per mille chilowattora, contro i 50-60 del prezzo all’ingrosso. È l’effetto della gara partita un anno fa e vinta da Gala. Il bando Consip - valore 915 milioni - doveva fornire 5,7 miliardi di chilowattora alle amministrazioni pubbliche, con “un’opportunità di risparmio di 370 milioni”, spiegava Consip.
Il problema è che il prezzo, nel bando, veniva agganciato non a quello medio negoziato alla borsa elettrica, ma al solo andamento del Brent, il petrolio. Che da giugno 2014 (quando i concorrenti depositavano le offerte) è crollato: da 111 dollari ai 48 di gennaio scorso. Gala ha così dovuto vendere a prezzi bassissimi, perdendo 7 milioni al mese, 47 solo fino a luglio scorso, quando comprava a 57,77 euro, e doveva rivendere tra i 36 e i 48. Di fronte a questi prezzi, le amministrazioni si sono fiondate a capofitto, facendo registrare il record: ad agosto gli ordini di fornitura erano 1.975. In due lotti si sono raggiunti i massimi vendibili. Già a dicembre, il prezzo del Brent era sceso a 48 dollari. A quel punto Gala ha chiesto a Consip di “ricondurre a equità il contratto”, cioè di rivedere i prezzi per evitare il tracollo e “l’indebito arricchimento” da parte delle amministrazioni. Nulla da fare. La società si è rivolta allora alla giustizia amministrativa, ma sia il Tar del Lazio che il Consiglio di Stato hanno respinto la richiesta, perché non competenti in materia. Il 30 aprile il rating della società è stato declassato. Il 22 Gala era andata in tribunale, chiedendo un ricorso cautelare d’urgenza e, in subordine, la cessazione delle convenzioni. Proprio quest’ultimo elemento, ad agosto - ben tre mesi dopo - ha spinto i giudici a rigettare l’istanza senza entrare nel merito: se vuoi bloccare il contratto non hai urgenza. Gala ha perso anche il ricorso. A quel punto l’ad, Filippo Tortorello, ha scritto una lettera infuocata a Consip e Corte dei Conti: se vinciamo si rischiano risarcimenti milionari. Per evitare il contenzioso ha prospettato la via d’uscita: Consip, a partire da luglio, agganci il prezzo a quello della borsa elettrica staccandolo dal Brent. Cioè quello che Consip - consapevole de ll ’insostenibilità della misura - ha fatto per il nuovo bando di gara 2016, chiudendo con il vecchio sistema dopo anni. La risposta è arrivata mercoledì: scordatevelo, e se Gala stacca la spina, perderà le fideiussioni. Che però valgono 28 milioni, meno di quanto la società ha già perso e perderà. A novembre - stando a quanto risulta al Fatto - sarà blackout. La Pa, però, non finirà al buio, ma nel mercato di salvaguardia, dove i prezzi sono molto più alti: gli costerà quasi 100 milioni in più.