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DI BATTISTA - 11.05.2016 OTTOEMEZZO

11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

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martedì 13 ottobre 2015

Senato, ultima fermata: oggi il governo straccia la Carta

Il sì al ddl Boschi. Rodotà: “È una legge nata male
e gestita ancora peggio”

Se si votasse ora col nuovo sistema, Palazzo Madama sarebbe quasi tutto del Pd



Il giorno in cui il governo di Matteo Renzi porta a casa la riforma del Senato è dunque arrivato. Dopo oltre un mese di scontri sugli emendamenti, polemiche sui voti e sugli “aiutini” alla maggioranza, scambi non proprio istituzionali con Pietro Grasso, verso le cinque del pomeriggio ci sarà il voto finale sul ddl Boschi (che poi tornerà alla Camera per la conferma definitiva) con cui il premier riporta l’ennesima vittoria sulla minoranza del Pd. Che si è accontentata di una modifica all’articolo 2 su un’ambigua elettività dei futuri senatori per alzare bandiera bianca. E infatti la riforma, nonostante le minacce iniziali, è filata via piuttosto liscia. Anche per merito del neo gruppo di Denis Verdini – Ala – che si è aggiunto alla maggioranza, con l’ex azzurro tornato prepotentemente al centro della scena. “La riforma è nata male ed è stata gestita anche peggio. L’accoppiata tra riforma costituzionale e Italicum ha degli effetti molto evidenti, un moto ascendente che va dal Parlamento al governo e dal governo al presidente del Consiglio senza più strumenti di controllo”, ha detto ieri Stefano Rodotà. Che parla anche di “una scarsa legittimazione”, perché “il modo in cui i voti vengono acquisiti delegittima le riforme agli occhi di una parte dell’opinione pubblica”. Si è sprecata l’opportunità di uscire “dal bicameralismo perfetto in maniera seria e non truffaldina”.

Tra l’altro, secondo le simulazioni, se si votasse oggi con la nuova legge, avremmo un Senato a stragrande maggioranza Pd, che potrebbe contare su circa una settantina di parlamentari, compresi i cinque nominati dal presidente della Repubblica, mentre verrebbero penalizzati i grillini perché non fanno alleanze. Poi c’è la questione delle tappe. La riforma, infatti, sarà in vigore non prima dell’autunno del 2016. Così, se si andrà a votare per le Politiche nel 2018 saranno solo sei le Regioni in cui i cittadini potrebbero scegliere i consiglieri da mandare a Palazzo Madama: Lombardia, Lazio, Molise, Val d’Aosta, Friuli (dove si voterà nel 2018) e Sicilia (al voto nel 2017). Nelle altre, finché non si andrà alle urne (dal 2019), i senatori saranno scelti dai consigli regionali. In Senato, insomma, ci sarà un turn over continuo di consiglieri regionali e sindaci, dove quelli a fine mandato saranno sostituiti dai nuovi eletti. In aula oggi non ci saranno sorprese. I senatori della maggioranza sono stati precettati per superare quota 170. Mentre il centrodestra si presenta spaccato: se la Lega non parteciperà al voto, Forza Italia voterà contro, ma con numerose defezioni.

martedì 6 ottobre 2015

Sex in the Senate, 5 giornate e non 10: Grasso si piega al Pd

Pene dimezzate per i verdiniani, indispensabili
per la riforma renzianissima


Lucio Barani
Pene dimezzate per i verdiniani, indispensabili per la riforma renzianissima. Sanzioni anche per i Cinque Stelle, in ossequio al detto “tutti colpevoli nessun colpevole”. E un nuovo processo sulla seduta di giovedì 1° ottobre, “perché quel giorno hanno offeso la Boschi”. Dopo oltre quattro ore di conclave, il Consiglio di Presidenza del Senato emana le sentenze per i verdiniani Lucio Barani e Vincenzo D’Anna, accusati di gesti sessisti nei confronti della senatrice del M5s Barbara Lezzi, venerdì scorso: cinque giorni di sospensione a testa, con effetto immediato. La metà della pena massima, molto meno di quanto auspicava il presidente del Senato Pietro Grasso. Ma di fronte al muro del Pd, con 7 membri su 18 del Consiglio, l’ex pm ha ripiegato su una mediazione sfumata. Sul registro dei cattivi anche il 5Stelle Alberto Airola con un turno di stop, per aver inveito contro la senatrice dem e segretaria d’aula Angelica Saggese (“Mi sono rotto i coglioni”, sostiene di aver urlato). Censura per il capogruppo del M5s Gianluca Castaldi (un cartellino giallo), colpevole di essersi rivolto con impeto alla Boschi. E censura anche per il gruppo della Lega, reo di aver sventolato banconote all’indirizzo dei verdiniani, giovedì.
Queste le pene, votate all’unanimità dall’Ufficio di Presidenza, con l’eccezione della rappresentante del M5s in Consiglio, il questore Laura Bottici, che non ha partecipato per protesta. Si sente defraudato il Movimento, che voleva le sanzioni massime per i verdiniani. “Io alla Camera ho preso 15 giorni di sospensione per aver gridato: onestà”, ricorda Alessandro Di Battista. Rabbia anche nel gruppo verdiniano, Ala, che parla di “insufficienza di prove”. Pare rinfrancato il Pd, che voleva limitare i danni per gli amici di Denis. Una linea chiara in Consiglio sin dal calcio d’inizio, alle 13.
Vincenzo D'Anna
Tutti cercano Barani, ma il craxiano con garofano perenne sulla giacca non si vede. Invia un promemoria difensivo, in cui afferma di essere stato “provocato dai 5Stelle” e rilancia: “Il mio gesto (la mano portata verso la bocca aperta, ndr) è stato equivocato, li invitavo a ingoiare fascicoli”. Appare invece D’Anna. Ma non verrà sentito. Niente testimoni per il Consiglio: la partita si gioca su alcune immagini, da visionare su un maxi-schermo. Ci sono i filmati interni di Palazzo Madama e c’è il video già diffuso da La7, che mostra D’Anna indicare qualcuno col dito e poi portarsi le mani davanti all’inguine. Si parte in orario, ma ci si ferma presto. Alla seduta del Consiglio devono partecipare tutti i gruppi. Così telefonano ad Ala, Gal e Conservatori riformisti (i fittiani), chiedendo che mandino un rappresentante ciascuno. I verdiniani inviano Ciro Falanga, i fittiani Cinzia Bonfrisco, da Gal rispondo: “Procedete senza di noi”. Si riparte, con i video. Quello del Tg La7è chiaro, i filmati interni sono sgranati. Uno dei presenti assicura: “La mano di Barani non si vede bene, ma si nota che l’ha portata verso le parti basse”. Contro di lui, anche le parole della leghista Stefani (“Ho visto quel gesto”). I rappresentanti del Pd (6 su 7 donne) la prendono larga. Parlano di “atti figli anche di un clima esasperato”, si lamentano delle “offese subìte dalle donne del Pd”. Invocano: “Bisogna allargare le verifiche ad altri gruppi e sedute”. È la linea di Falanga, che tira in mezzo la Lega: “Ci hanno offeso dandoci dei venduti”. Parla la Bonfrisco: “È stata offesa una donna, servono le pene massime”. Vuole dieci giorni di stop anche la Bottici: “A noi li dettero per aver bloccato l’aula durante lo Sblocca Italia ”. La dem Saggese accusa Airola di averla offesa in aula. Cita Castaldi, apparso in un video davanti alla Boschi, furibondo (“Prenda posizione”, avrebbe urlato).



Il tempo passa: si doveva finire alle 15, ma viene fissato un nuovo termine, alle 15:45. Alla buvette, D’Anna: “Ci difende Falanga? Ci daranno l’ergastolo”. La riunione scivola alle 16:30. Grasso fa la sua proposta con le varie sanzioni. E annuncia una seduta sui fatti del 1° ottobre. Si parla di una richiesta dal Pd: rinviare l’applicazione delle pene. Ma i dem negano. La certezza è che passa la proposta di Grasso. Fuori, Airola affronta la De Giorgi: “Siete degli infami, ho detto solo una parolaccia”. Lei replica: “Faccio finta di non sentire”. Lui urla: “Sono tutti dei papponi”. In aula, Castaldi: “Grasso, lei ci ha rifilato il primo cucchiaino di ricino”. Quindi, la Lezzi: “Sanzioni molto lievi, ma dobbiamo andare oltre”. Mentre Grasso promette: “D’ora in poi nessuna deroga al principio di correttezza”. Ora, la partita sulle presunte offese alla Boschi. “Vedrete cosa uscirà”, sibila una dem.

giovedì 1 ottobre 2015

Renzi e Verdini, la riforma 'prostituzionale' approvata con i voti di indagati e condannati.

Nel 1946 a scrivere la nostra Costituzione furono persone del calibro di Calamandrei, Croce, De Gasperi; oggi a metterci le mani per riscriverla è una maggioranza di personaggi in cerca di autore e di poltrone, una maggioranza che vive grazie al sostegno di parlamentari coinvolti in inchieste giudiziarie come Azzollini, Formigoni, Verdini, Bilardi, Aiello, Caridi, Barani, Conti, Scavone, Di Biagio, Gentile. Sono tutti o condannati o indagati o coinvolti in varie inchieste giudiziarie per reati come associazione a delinquere, corruzione, frodi, voto di scambio politico, bancarotta, concussione, finanziamento illecito, omesso versamento all'erario, abuso d'ufficio, peculato e tanto altro ancora. La prima persona a cui il PD, già sostenuto dall'Ncd di Alfano, è andato a chiedere soccorso è un uomo rinviato a giudizio e plurindagato per concorso in corruzione, truffa, bancarotta fraudolenta, appalti e finanziamenti illeciti, indebita percezione di fondi per l'editoria come Denis Verdini, fino a ieri vassallo di Silvio Berlusconi e oggi novello Caronte che a colpi d'ALA trasporta i suoi parlamentari sulla sponda della maggioranza. A questi bisogna aggiungere anche i voti dei senatori Pd Valentini, Scalia, Moscardelli, Lucherini, Astorre, coinvolti anche loro in inchieste giudiziarie come la "rimborsopoli" alla Regione Lazio, quelli del senatore Luigi Cucca, indagato per peculato in Sardegna, o ancora Claudio Broglia indagato per mancata denuncia per truffe dopo il sisma del 2012. Potete immaginare oggi le facce inorridite dei nostri Padri Costituenti come Pertini, Calamandrei, Einaudi, Togliatti, Croce, Iotti, Moro, Dossetti, De Gasperi, Nenni, Parri, La MalfaCosa urlerebbero al mondo intero se avessero la possibilità di assistere allo sfascio della Costituzione, dei nostri principi e dei nostri valori e a tutto quello che sta accadendo in Parlamento? Ve lo diciamo noi: fermatevi! No alla 'riforma prostituzionale' della Costituzione. Trova le differenze. Piero Calamandrei, Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza. Milano, 26 gennaio 1955 :"Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché là è nata la nostra Costituzione". Denis Verdini, 27 settembre 2015"Tutti mi chiedono cosa ci guadagnano a venire con me. Gli rispondo che sono il taxi. Vuoi rimanere al potere? Solo io ti conduco in dieci minuti da Berlusconi a Matteo".

sabato 19 settembre 2015

Come funziona la riforma del Senato? Ecco i punti principali.

Riforma del Senato: cosa cambia e cosa prevede

Quanti saranno i senatori? A Palazzo Madama siederanno in 100 in luogo dei 315 di oggi, così ripartiti: 74 consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 personalità illustri nominate dal presidente della Repubblica. Saranno i Consigli regionali a scegliere i senatori, con metodo proporzionale, fra i propri componenti. Inoltre le regioni eleggeranno ciascuna un altro senatore scegliendolo tra i sindaci dei rispettivi territori, per un totale, quindi, di 21 primi cittadini che arriveranno a Palazzo Madama. La ripartizione dei seggi tra le varie Regioni avverrà "in proporzione alla loro popolazione" ma nessuna Regione potrà avere meno di due senatori. La durata del mandato di questi ultimi sarà di sette anni e non sarà ripetibile. Andranno quindi a sostituire i senatori a vita e saranno scelti con gli stessi criteri: "cittadini che hanno illustrato la patria per i loro altissimi meriti".

I senatori saranno eletti? Non saranno più eletti direttamente dai cittadini; si tratterà invece di una elezione di secondo grado che vedrà approdare in Senato sindaci e consiglieri regionali, il primo rinnovo del Senato li vedrà "eletti" tutti contemporaneamente, dopodiché la loro elezione sarà legata al rinnovo dei consigli regionali. Il sistema sarà proporzionale per evitare che chi ha la maggioranza nella regione si accaparri tutti i seggi a disposizione. Quale sarà lo stipendio dei senatori? I consiglieri regionali e i sindaci che verranno eletti al Senato non riceveranno nessuna indennità, il che dovrebbe portare allo Stato un risparmio di oltre 50 milioni di euro ogni anno. Con i risparmi che dovrebbero arrivare grazie all'unificazione degli uffici di Camera e Senato (e altro modifiche all'insegna dell'ottimizzazione, non meglio specificate) si dice che si potrebbe arrivare anche a mezzo miliardo di risparmi.

Quali sono i poteri del nuovo Senato? Palazzo Madama avrà molti meno poteri e verrà superato il bicameralismo: innanzitutto non potrà più votare la fiducia ai governi in carica, mentre la sua funzione principale sarà quella di "funzione di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica", che poi sarebbero regioni e comuni. Potere di voto vero e proprio invece il Senato lo conserverà solo riforme costituzionali, leggi costituzionali, leggi sui referendum popolari, leggi elettorali degli enti locali, diritto di famiglia, matrimonio e salute e ratifiche dei trattati internazionali.

Il ruolo consultivo del Senato. Il Senato avrà però la possibilità di esprimere proposte di modifica anche sulle leggi che esulano dalle sue competenze. Potrà esprimere, non dovrà, su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti e sarà costretto a farlo in tempi strettissimi: gli emendamenti vanno consegnati entro 30 giorni, la legge tornerà alla Camera che avrà 20 giorni di tempo per decidere se accogliere o meno i suggerimenti. Più complessa la situazione per quanto riguarda le leggi che riguardano i poteri delle regioni e degli enti locali, sui quali il Senato conserva maggiori poteri. In questo caso, per respingere le modifiche la Camera dovrà esprimersi con la maggioranza assoluta dei suoi componenti. Il Senato potrà votare anche la legge di bilancio, le proposte di modifica vanno consegnate entro 15 giorni e comunque l'ultima parola spetta alla Camera.

La corsia preferenziale governativa. Il potere del governo cambia radicalmente: le regole per emettere i decreti legge diventano più rigide, dovranno "recare misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo". I provvedimenti governativi ritenuti essenziali, in compenso, dovranno essere votati dalla Camera entro il termine tassativo di 60 giorni, passati i quali il provvedimento sarà posto in votazione senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale. La riforma del Titolo V. Con la modifica del Titolo V della Costituzione viene rovesciato il sistema per distinguere le competenze dello Stato da quelle delle regioni. Sarà lo Stato a delimitare la sua competenza esclusiva (politica estera, immigrazione, rapporti con la chiesa, difesa, moneta, burocrazia, ordine pubblico, ecc.). Esame preventivo di costituzionalità. Aumentano anche i poteri della Corte Costituzionale, che potrà intervenire, sempre su richiesta, con un giudizio preventivo sulle leggi che regolano elezioni di Camera e Senato. La Consulta dovrà pronunciarsi entro un mese, mentre la richiesta va fatta da almeno un terzo dei componenti della Camera. In questo modo si eviterà di avere una legge elettorale per anni e anni salvo poi scoprire che si tratta di una legge incostituzionale. L'elezione del presidente della Repubblica. Non sono più previsti i delegati regionali e si modifica il quorum. Nei primi quattro scrutini è necessario il quorum dei due terzi, dal quinti all'ottavo dei tre quinti, mentre dopo l'ottavo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Referendum: cambiano le regole per la raccolta firme e il raggiungimento del quorum, e viene introdotto il referendum propositivo o di indirizzo.

L'Articolo 2 della riforma del Senato: che cos'è e cosa dice

Che cosa dice l'articolo 2 della riforma del Senato e perché fa litigare il Partito Democratico.
Ma che cos'è questo articolo 2 della riforma del Senato e perché sta creando tutto questo caos all'interno del Partito Democratico, mettendo anche a repentaglio l'approvazione stessa di una delle riforme cardine dell'azione di governo? Si tratta di uno degli articoli decisivi, che regola la composizione e la modalità di nomina di coloro i quali faranno parte del nuovo Senato.

Cosa dice l'articolo 2? "Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. (I consigli regionali) eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori. La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti".

Messa così, è chiaro, non può che trattarsi di una elezione indiretta, di secondo grado. Gli elettori eleggono i consigli regionali e sarà poi compito dei consiglieri regionali decidere chi mandare nel nuovo (e depotenziato) Senato.
Qual è il pomo della discordia? Ormai non ci sono più problemi di sorta sul fatto che il nuovo Senato avrà solo 100 componenti, tutta la bagarre si concentra su modifiche - richieste dalla minoranza Pd - che rendano il Senato elettivo.
Il problema è che l'articolo 2 è già stato approvato in doppia lettura, modificarlo significherebbe ripartire con ulteriori passaggi tra Camera e Senato, allungando notevolmente i tempi. Ma c'è di più: non si può modificare l'articolo 2, essendo già stato approvato senza emendamenti per due volte (il Senato, in questa situazione, può discutere solo emendamenti introdotti dalla Camera). Anche qui, però, c'è una controversia non da poco: alla Camera l'articolo 2 è stato approvato con una formula che recitava: "La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali nei quali sono stati eletti" (cosa che, peraltro, rendeva possibile l'elezione diretta). Al Senato, invece, la formulazione è stata cambiata in quella attuale: "La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti". Una modifica, quindi, c'è: l'articolo 2 non è stato approvato uguale nelle due camere.
Il problema è che questa modifica non è stata introdotta con un emendamento, e quindi non si potrebbe cambiare nuovamente. Se non fosse che c'è un precedente del 2005 in cui si è deciso diversamente. La questione è cavillosa ed è il presidente del Senato Grasso che si sta occupando di dirimerla (senza però voler anticipare quale sia la sua opinione).