VIDEO 5 GIORNI A 5 STELLE

DI BATTISTA - 11.05.2016 OTTOEMEZZO

11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

Visualizzazione post con etichetta boschi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta boschi. Mostra tutti i post

venerdì 13 maggio 2016

“La riforma Boschi è fatta per allontanare i cittadini”

A guardarlo, il libro del professor Settis, mette di buon umore. E non solo perché s'intitola Costituzione!, con quel punto esclamativo che sembra un’esortazione. Poi c’è il sottotitolo: “Perché attuarla è meglio che modificarla”. Dentro i contributi –raccolti e aggiornati –che negli anni sono apparsi sui giornali o pronunciati in eventi pubblici e che parlano di lavoro, salute, scuola, paesaggio: beni comuni e diritti a cui l’operare dello Stato dovrebbe orientarsi. Ma non accade, “perché i governi hanno smontato lo Stato”.
Professore, partiamo dal sottotitolo: attuarla.
Chi insiste nel ripetere che la Costituzione va cambiata sostenendo che la prima parte non si tocca, non dice mai cosa di quella prima parte è realmente attuato. L’articolo 32, sul diritto alla salute, è attuato o no? Da quando, con la riforma del Titolo V, il sistema sanitario è organizzato su base regionale, come risulta da un’inchiesta del C orrier e, la vita media degli italiani sta calando. Mi piacerebbe che chi dice di voler cambiare la Carta, s’impegnasse anche ad applicare le molte parti rimaste inattuate.
I riformatori risponderebbero che il nuovo sistema corregge i danni del federalismo, facendo tornare molte materie alla competenza del legislatore nazionale.
Sulla riforma del titolo V del 2001 –di cui mi sono occupato in particolar modo per quanto attiene alla tutela del paesaggio – sono sempre stato critico. Questa parte del ddl Boschi – senza entrare nel merito di com’è fatta, cioè malissimo –ha una qualche ragione d ’essere. L’attuazione dell’art. 32 non dipende solo dal federalismo. Il problema sono i continui tagli e l’imposizione di ticket che sembrano portarci lentamente verso un sistema di sanità privata. Mentre gli Usa di Obama cercano di imitare noi, noi cerchiamo di imitare Reagan.
Il premier l’ha messa sul personale: si vota o con lui o contro di lui.
Non bisogna cadere nella trappola del referendum-plebiscito. La vera ragione per cui essere contrari è che la riforma intacca un terzo del testo costituzionale, diminuendo il prestigio del presidente della Repubblica – attraverso un meccanismo di elezione ridicolo – e il peso del Parlamento. Con un Senato, non più eletto dal popolo, ridotto a un dopolavoro per sindaci e consiglieri regionali. Il principio della sovranità popolare viene indebolito. Non ho alcun dubbio che siamo solo all’inizio di un percorso...
Infatti lei parla di un “assalto alla Carta”, che parte ben prima del governo Renzi.
C’è una convergenza tra il famoso report di JP Morgan del 2013 che punta il dito contro le Costituzioni del Sud Europa “troppo influenzate da idee socialiste” e l’agire dei governi, in particolare mi riferisco al documento Letta: Renzi è stato più cauto. È il segno di una mentalità che si è fatta strada nei circoli della finanza internazionale e delle élite politiche europee, penso alla Commissione e alla Banca centrale, che vuole imporre un ultraliberismo che viene spacciato per nuovo. Ma a me risulta che il thatcherismo non sia proprio un modello nuovo.
Quando si occupa della riforma dell’articolo 81 – con l'introduzione del pareggio di Bilancio in Costituzione – parla di un precetto seguito dal governo Monti che la Carta nega: la priorità dell’economia sui diritti.
In quel momento anch’io ho sottovalutato l’impatto della riforma. Ma quella è stata una specie di prova generale della maggioranza delle larghe intese: un progetto molto chiaro del presidente Napolitano per modificare la Costituzione senza bisogno di un referendum. Il principio che sta dietro all’articolo 81 è lo stesso che alberga a Taranto, dove il diritto alla salute viene scambiato con il diritto al lavoro. Certi temi non si affrontano perché l’economia ne risente. Ma sono i cittadini a rimetterci. Farò un paragone che può sembrare improprio: perché sul caso Regeni l’Italia ha solo finto di fare la voce grossa? Perché dietro ci sono interessi economici. Questo per dire che i diritti di una persona o della persona vengono schiacciati in nome dell’economia che dovrebbe salvare il Paese, nonostante la lunga stagnazione e la disoccupazione giovanile al 38%.
In più punti del libro sottolinea la sospetta confusione, anche lessicale, della riforma: come se fosse scritta per non essere capita.
Lo sforzo che ho fatto in questo volume è stato articolare il ragionamento sulla riforma, affrontandone via via i temi nello specifico. Perciò ho inserito una corposa appendice con tutte le riforme costituzionali state fatte fino ad oggi, compresa l’ultima. L’articolo 70 – che prima contava 4 parole e ora 434 –è fatto per non essere capito, per confondere le idee e tenere i cittadini lontano dalla Costituzione. Dicono che il bicameralismo produce solo danni: avrebbero fatto miglior figura a cancellare il Senato. Non è vero, tra l’altro, che il bicameralismo è stato abolito. Per quanto riguarda la cosiddetta semplificazione, ci sono almeno 23 fattispecie di leggi che devono passare per il Senato. Ecco perché nella lettera dei costituzionalisti – 11 dei quali presidenti emeriti della Consulta – si dice chiaramente che la riforma non funzionerà. Succederà che si farà ancor più ricorso ai decreti legge del governo, delegittimando ulteriormente il Parlamento. Quindi l’esecutivo – per evitare che il Paese si fermi – diventerà ancora più potente perché, come si usa dire, “non c'è alternativa”.
Renzi ha parlato di “archeologi travestiti da costituzionalisti”. Forse pensava a lei...

Non desidero interloquire a questi livelli. Si deve parlare del merito della riforma, che è ciò che interessa ai cittadini. Sulla rottamazione mi permetto di osservare che Renzi ha fatto il patto del Nazareno con Berlusconi, che non è proprio un giovanotto. Come del resto Verdini. I vecchi vanno bene se sono amici suoi. Ma dal premier voglio sapere, punto per punto, come cambierà la nostra democrazia.
Il F.Q. del 13 maggio 2016 - pag. 5

giovedì 5 maggio 2016

E vissero felici e immuni. Ecco il Senato “alla Boschi”

Consiglieri regionali, governatori e sindaci. Tra loro, secondo la riforma Boschi, saranno scelti i senatori. L’unico modo per impedirlo è il No al referendum di ottobre.
PIEMONTE - Il consigliere Daniele Valle (Pd) ha patteggiato sei mesi per le liste elettorali irregolari. Giovanni Corgnati è imputato con il sindaco di Vercelli, Maura Forte (Pd), per falso ideologico.
LOMBARDIA - Il governatore Roberto Maroni (Lega) è imputato per presunte pressioni in favore di due collaboratrici per un viaggio a Tokyo a spese di Expo. Il consigliere Mario Mantovani (Forza Italia) è indagato per corruzione e altri reati legati alla Sanità. Sempre la Sanità ha portato in carcere il leghista Fabio Rizzi (sospeso dal Consiglio). Tra i rinviati a giudizio per spese pazze: Raffaele Cattaneo e Alessandro Colucci (Ncd), Stefano Galli, Massimiliano Romeo e Angelo Ciocca (Lega nord), Luca Gaffuri (Pd), Elisabetta Fatuzzo (Pensionati). Luca Daniel Ferrazzi (Maroni presidente) è a processo per consulenze fantasma. Arrestato il sindaco di Lodi Simone Uggetti (Pd) per turbativa d’asta, a Como Mario Lucini (Pd) è indagato per le paratie sul lungolago.
LIGURIA - Rinviati a giudizio per spese pazze i consiglieri leghisti Edoardo Rixi e Francesco Bruzzone, nonché Matteo Rosso (Fd’I). Per l’alluvione 2014 Raffaella Paita ha ottenuto l’abbreviato. Nell’inchiesta sulla centrale di Vado Ligure sono indagati: Paita, Pippo Rossetti, Giovanni Barbagallo (centrosinistra) e Angelo Vaccarezza (centrodestra).
EMILIA ROMAGNA - Rimborsi gruppi in Regione: Galeazzo Bignami ed Enrico Aimi (FI) indagati per peculato. A Bologna il sindaco Virginio Merola (Pd) indagato per omissione d’atti d’ufficio per uno sgombero non fatto. Il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi (Pd) indagato per associazione a delinquere e truffa nel caso Aeradria.
TOSCANA - Il sindaco di Siena, Bruno Valentini, è indagato per concorso in falso e omessa denuncia.
UMBRIA - Il vicegovernatore Fabio Paparelli sta affrontando un processo per abuso d’ufficio. Il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo è indagato nell’inchiesta sulla discarica di Vocabolo Valle.
MARCHE - Per le spese pazze sono indagati gli attuali consiglieri dem Gianluca Busilacchi, Enzo Giancarli, Gino Traversini e Angelo Sciapichetti. Indagato anche l’assessore Moreno Pieroni, eletto con “Uniti per le marche”. Indagati Luca Marconi dell’Udc e Mirco Carloni di Ap. Nel processo per le spese pazze è indagato il sindaco di Ascoli Piceno, Guido Castelli.
LAZIO - Il consigliere Mario Abbruzzese (Forza Italia) è indagato per le spese pazze. Michele Baldi (Zingaretti) è a processo a Perugia per firme false alle regionali 2010. Marco Vincenzi (Pd) è accusato di aver favorito finanziamenti alle coop di Salvatore Buzzi. Giancarlo Righini (FdI) è stato condannato in primo grado a 4 anni per associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta. Francesco Storace condannato a sei mesi in primo grado per vilipendio al capo dello Stato (Napolitano). Il sindaco di Latina, Giovanni Di Giorgi (Fdi) rischia il processo per corruzione. Simone Petrangeli (Sel), sindaco di Rieti, è indagato per concorso in falso e turbativa d’asta.
MOLISE - Il consigliere Massimiliano Scarabeo (Pd) è indagato per truffa e frode fiscale.
PUGLIA - Il consigliere Michele Mazzarano è rinviato a giudizio per finanziamento illecito ai partiti. Donato Pentassuglia è imputato nel processo sull’Ilva con l’accusa di favoreggiamento. Fabiano Amati è condannato in appello a sei mesi per tentato abuso d’ufficio ed Ernesto Abaterusso condannato in primo grado ad un anno e sei mesi per truffa all’Inps. Mauro Vizzino è accusato di aver intascato 1.192 euro di ticket per prestazioni sanitarie mai eseguite.
BASILICATA - Il governatore Marcello Pittella (Pd) è indagato per corruzione elettorale; è rinviato a giudizio per i rimborsi come i consiglieri Paolo Castelluccio e Michele Napoli (Fi), Franco Mollica (Udc), Nicola Benedetto (Cd).
CAMPANIA - Luigi Bosco (De Luca) è indagato per turbativa d’asta. Il governatore Vincenzo De Luca è rinviato a giudizio per abuso d’ufficio. La consigliera Maria Grazia Di Scala (Forza Italia) è indagata ed è stata raggiunta nei mesi scorsi da un provvedimento cautelare per una vicenda di pressioni al titolare di un albergo di Ischia. Aniello Fiore (Campania Libera) è a giudizio per il Crescent e indagato per piazza della Libertà. Alberico Gambino (Fd’I) è condannato in primo grado per concussione. Carlo Iannace (De Luca) è condannato in primo grado a sei anni: da chirurgo avrebbe truccato cartelle cliniche per camuffare interventi estetici. Vincenzo Maraio (Psi) è indagato per Crescent e piazza della Libertà. Tra i rinviati a giudizio per Rimborsopoli: Nicola Marrazzo (Pd) e Carmine Mocerino (Caldoro Presidente). Pasquale Sommese (Ncd) è indagato per turbativa d’asta con l’aggravante del metodo mafioso.
CALABRIA - Rimborsopoli vede coinvolti i consiglieri Carlo Guccione (candidato a sindaco di Cosenza), Vincenzo Ciconte e Antonio Scalzo (Pd). Scalzo è stato rinviato a giudizio nel processo sull’Arpacal assieme a Giuseppe Graziano. Pino Gentile (Ncd, fratello del sottosegretario Tonino) è indagato nel l’inchiesta sull’edilizia sociale cosentina, mentre Orlandino Greco (Partito democratico) è indagato per corruzione elettorale e voto di scambio politico-mafioso. Il consigliere Michelangelo Mirabello è stato rinviato a giudizio per concorso in bancarotta. Mimmo Tallini (Forza Italia) è indagato nell’inchiesta Multopoli, in cui è coinvolto anche il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo.
SICILIA - Il consigliere Mario Alloro (Pd), Paolo Ruggirello, Santi Formica, Baldo Gucciardi, sono accusati di abuso di ufficio. Francesco Cascio (Ncd) è indagato per voto di scambio politico mafioso, e Salvatore Cascio è indagato per le visite in carcere a Totò Cuffaro. Nino Dina e Roberto Clemente sono finiti ai domiciliari per voto di scambio politico mafioso. Federico Pino è indagato per voto di scambio. Giuseppe Picciolo è indagato per simulazione di reato. Giovanni Di Mauro per omissione di atti d’ufficio. Nino D’Asero (Ncd) per le promozioni facili al Comune di Catania. Per i corsi d’oro della formazione professionale a Messina è imputato il consigliere Francesco Rinaldi, insieme al cognato Fracantonio Genovese (Fi). Giovanni Lo Sciuto è indagato per truffa. A Pippo Nicotra la Finanza ha sequestrato beni per 90mila euro nell’ambito di una truffa ai danni dello Stato. Marcello Greco è a giudizio per truffa e falso. Gaetano Cani è indagato per estorsione e ricettazione. Giuseppe Laccoto per falso e abuso di ufficio. Filippo Panarello, Bruno Marziano, Salvatore Lentini sono indagati per le spese pazze in Regione.
SARDEGNA - Giovanni Satta (Uds), accusato di traffico di droga, ha fatto il suo ingresso in Consiglio ieri. Satta ha condiviso la cella con il vice presidente del Consiglio Antonello Peru (Fi), arrestato per presunte tangenti. Indagati il presidente del Consiglio Gianfranco Ganau (Pd, per la realizzazione di un centro commerciale), i consiglieri Roberto Deriu (Pd, per l’alluvione) e Ugo Cappellacci (Fi, vicenda P3). Spese pazze: Franco Sabatini e Gavino Manca (Pd), Oscar Cherchi e Alberto Randazzo (Fi), Mario Floris (Uds), Giorgio Oppi e Christian Solinas (Psd’az).
Il F.Q. del 5 maggio 2016 – pag. 4

giovedì 21 gennaio 2016

Boschi: Carrai? E che male c’è?

Maria Elena Boschi
La ministra riferisce alla Camera: “Sarà soltanto un consulente” Il migliore amico del premier metterà le mani sui servizi segreti. Per Sel “è incredibile”
Marco Carrai ha l’oro in bocca. Diventerà consulente di Palazzo Chigi per la cyber sicurezza con un portafogli di 150 milioni di euro da gestire, coordinare, indirizzare. Il Giglio, che già era magico, ora diventa stellare, gestirà anche la vita di ogni clic. Occhio vigile per la sicurezza nazionale, bastione contro le intromissioni, segugio dei cattivi naviganti di internet. Tutto si tiene e a Montecitorio approda la madrina del Giglio a dare il conto del nuovo ingresso. Maria Elena Boschi sceglie una mise di forte contrasto, il rosso e il nero, per appagare la curiosità e garantire sulle paure e le cattive intenzioni. Carrai sarà, se sarà, un consulente, forse super. A Marco Minniti, l’u omo politico chiamato a gestire i Servizi segreti, rinnovata fiducia.
L’ultimo trasbordo nel governo, e per di più in una funzione delicatissima, assume l’aspetto del pagamento di un debito d’onore e copre una guerra nelle cantine renziane, un ostruzionismo di sottofondo che ha in Luca Lotti , rottweiler del premier, lo sconfitto di giornata. Era stato Verdini, in linea retta collegato a Lotti, ad avanzare perplessità e dubbi. Maria Elena garantisce che Marco, cioè Carrai, che è un amico e un fidato consiglieri del premier al quale ha concesso ogni fiducia e anche le chiavi di casa, sarà tenuto a distanza delle funzioni più delicate e dalle pratiche più compromettenti. Infatti di lui si parla adesso come di un consulente, uno dei tanti.
Invece, è un pesante e delicato incarico, coperto da un titolo innocente che è l’espediente tecnico per zittire possibili azioni su quella che appare la più clamorosa prova di interessi che si sovrappongono e si confondono. Carrai compare socio in undici società. Tra queste, c’è la Cys4 spa fondata il 3 dicembre del 2014, e ha per oggetto la “consulenza nel settore delle tecnologie d el l’informatica. ”Affari, dunque. La Spa fa parte del “Gruppo Tanzi”, ha tre soci, Aicom Spa, “Bellodi Leonardo” e Cambridge management consulting Labs srl. Capitale sociale 70 mila euro, ha un fatturato di 5,7 milioni e un utile di 1,5 milioni. Tra i soci figurano, accanto allo stesso Carrai (con il 14%), Giampaolo Moscati, Renato Sica e l’israeliana Jonathan Pacifici & partners ltd. Non si sa dove, dunque, finisca lo Stato e dove invece inizi la famiglia Renzi, gli amici di Renzi, le virtù di Renzi e anche i suoi vizi. E ieri questo spettacolare conflitto si è riproposto. Il ministro dell’Interno silente e a braccia conserte, la campionessa del renzismo oracolo del nuovo ingresso. “Il pesce puzza dalla bocca”, confidò Carrai qualche tempo fa. Un proverbio che gli fu detto, ad ascoltare le sue confidenze, da un esponente della Cia. Rapporti altrettanto intensi, pare, con i servizi israeliani. Carrai ha chiesto di essere messo alla prova, ha domandato per sé questo ruolo ed ora sarà installato (nessuno lo dubita più) con i gagliardetti di consulente. “È incredibile ciò che stanno facendo”, ha commentato Arturo Scotto di Sel, il partito che ha presentato l’interrogazione parlamentare sulla notizia della new entryanticipata da questo giornale.
La questione nasce e purtroppo non muore con lo sviluppo familistico nelle postazioni di controllo governativo. Unità di missione, direzioni, sottosezioni. La Presidenza del Consiglio ha accentrato nel suo palazzo tutti i dossier sensibili. Le relazioni con la stampa le ha Luca Lotti, attraverso il dipartimento dell’Editoria . Lui decide i contributi, aziona o disinnesta norme che incidono nella vita dei mass media. È un bel fare e anche una poco innocente responsabilità. Poi i controlli sul ministero dell’Economia , quelli sulle Entrate, persino sui programmi di edilizia scolastica. Adesso la cyber sicurezza. Tutto inizia a Firenze e tutto finisce a Firenze.

giovedì 24 dicembre 2015

Boschi, non c’è conflitto: grazie alla legge di Berlusconi

Maria Elena Boschi si è mossa in conflitto di interessi sul caso Banca Etruria? Il deputato del Movimento Cinque Stelle Alessandro Di Battista ha chiesto informazioni ieri, l’Antitrust sta rispondendo oggi. La risposta è no. Ma solo grazie al dispositivo della legge Frattini, voluta da Berlusconi per sterilizzare il proprio conflitto di interessi. Boschi, infatti, ha potuto giovare del meccanismo dell’uscita dalla stanza che consente, secondo la Frattini, di non influenzare le decisioni. E comunque con qualche dettaglio che può creare comunque imbarazzo al ministro delle Riforme.
L’Autorità guidata da Giovanni Pitruzzella deve pronunciarsi sulla base della legge Frattini del 2004. Che fu fatta dal governo Berlusconi, quindi non certo particolarmente stringente.
L’articolo 3 della Legge Frattini stabilisce che c’è conflitto di interessi in capo a una carica di governo quando il titolare di una carica di governo partecipa a un atto o omette un atto che ha “Un’incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del titolare (cioè del ministro, ndr) del coniuge, o dei parenti entro il secondo grado” e, secondo requisito, “con danno per l’interesse pubblico”.
Gli atti a cui ha partecipato la Boschi hanno queste caratteristiche. Il decreto 180 del 16 novembre, quello che recepisce la normativa europea sul bail-in, in particolare l’articolo 35 comma 3 che stabilisce l’esercizio dell’azione di responsabilità . Se c’è un danno, è il commissario speciale della Banca d’Italia che deve attivarsi per chiedere risarcimento. In questi giorni si è parlato di uno “scudo” per il padre della Boschi, Pier Luigi, quando era vicepresidente della Popolare dell’Etruria, anche se la norma è sostanzialmente identica a quella del testo unico bancario relativa alle banche in liquidazione coatta amministrativa.
Sotto il primo profilo, quello dell’incidenza specifica e preferenziale, si limita a specificare e regolare le modalità in cui si fanno valere le responsabilità verso gli organi amministrativi e di controllo. Quanto al requisito del danno, sempre ai sensi dell’art. 5 del regolamento attuativo della legge Frattini, l’atto deve essere idoneo “ad alterare il corretto funzionamento del mercato”. Questa circostanza, secondo gli uffici dell’Antitrust, non si riscontra nel caso specifico.
Il primo provvedimento sensibile è quello del gennaio 2015: la riforma delle banche popolari (misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti) che diventano società per azioni. L’Antitrust, sulla base delle informazioni trasmesse dalla presidenza del Consiglio dei ministri, ha verificato che la Boschi non era presente alla riunione del 20 gennaio, dove è stato deciso il decreto pubblicato sulla gazzetta ufficiale quattro giorni dopo.
Se palazzo Chigi ha detto la verità su quel Consiglio non spetta all’Antitrust stabilirlo.
Per quanto riguarda il decreto del 22 novembre, il famigerato decreto salva Banche, in base alle informazioni fornite dal segretario generale della presidenza del Consiglio, la Boschi non ha partecipato.
Poi c’è il decreto 180 del 16 novembre, quello che recepisce nell’ordinamento italiano le norme europee sul bail-in. Il 10 settembre c’è una prima seduta del Consiglio dei ministri dove viene approvato lo schema preliminare del decreto legislativo da inviare alle commissioni parlamentari. A questa riunione, la Boschi risultava presente.
Non ha partecipato invece alle sedute successive del 6 novembre e del 13 novembre in cui il provvedimento legislativo fu prima esaminato nel merito e poi approvato in via definitiva. In base allo spirito della legge Frattini, partecipare è il primo requisito per poter influire sulle decisioni e quindi manifestare il conflitto di interesse.

Di Battista ha chiesto anche se la Boschi, quando fu nominata ministro, compilò le dichiarazioni sul suo patrimonio e dei famigliari: sono arrivate all’Antitrust nei tempi previsti il 21 maggio 2015, dopo richiesta del 3 aprile 2015. Ma qui c’è un dettaglio rilevante: nella comunicazione all’Antitrust la Boschi non comunicò il possesso delle azioni di Banca Etruria.

sabato 19 dicembre 2015

#5GIORNIA5STELLE DEL 18 DICEMBRE 2015

"Il ministro Boschi ha un conflitto grande come una banca". Queste parole di Alessandro Di Battista, in aula alla Camera, hanno segnato il giorno della sfiducia M5S a Maria Etruria Boschi: un rappresentante delle istituzioni coinvolto fino al collo nel tracollo di una banca che ha trascinato con sé migliaia di famiglie disperate e truffate. Nella sua autodifesa, peraltro, il ministro Boschi si è completamente dimenticata di loro.


Al Senato Paola Taverna denuncia come della nostra fiducia non godano neppure i ministri Poletti, Lorenzin, Alfano, e naturalmente il Presidente Renzi. Persone che hanno votato qualunque cosa pur di mantenere certi privilegi e certi interessi. Noi vogliamo andare al voto e cambiare!

Riccardo Nuti, invece, racconta come il metodo M5S abbia finalmente sbloccato il voto per i giudici della Consulta, dopo l'impasse a cui PD e Forza Italia avevano condannato il Parlamento. Con i nostri voti, siamo riusciti a far eleggere un alto profilo di nostra scelta e anche a dire la nostra sui nomi proposti dalle altre forze.
Da Bruxelles, il nostro Marco Valli  torna sulla questione Lussemburgo, e su tutti quei Paesi che aiutano le grandi multinazionali a pagare cifre irrisorie di tasse. Occorre attribuire finalmente una responsabilità politica e smettere di sostenere chi è coinvolto.

Quanto è importante la Rai? Chiede Alberto Airola in Senato. Tanto importante che si fa tutto in fretta, perché  il governo non vede l'ora di consegnare i poteri alle persone che sta per nominare e che gli servono a tamponare la perdita di consensi del Paese. Quando saremo noi al governo, invece, la linea guida sarà quella della correttezza e del buonsenso.

Sono molto contenti i nostri Rosa D'amato e Ignazio Corrao dal Parlamento Europeo: finalmente è passata la nostra proposta secondo la quale i fondi europei si possono utilizzare per smaltire l'amianto.  Ora tocca ai portavoce nelle Regioni sollecitare i bandi per le bonifiche.

Intanto, alla Camera si parla ancora di guerre e di Siria. Angelo Tofalo denuncia gli accordi indicibili dell'Italia con Paesi che sostengono l'Isis, allo scopo di vendere armi e cacciabombardieri. Vogliamo sapere dalla Pinotti cosa va a fare a Riyadh e perché si intrattiene con famiglie collegate alle galassie terroriste, e poi perché siamo sempre sottomessi a Germania, Francia e USA?

Mirko Busto, invece, è stato alla Conferenza del Clima a Parigi. Ci racconta che l'accordo raggiunto non è vincolante ma volontario, non sono stati posti obiettivi chiari, niente emissioni zero e ci si limita alla neutralità climatica. Un accordo debole e persino pericoloso.

Alla Camera nel frattempo si continua a discutere la Legge di Stabilità. I nostri bravissimi portavoce hanno scovato una "marchetta" con la quale si elargivano milioni alla Fondazione della moglie di un deputato. Riccardo Nuti ci racconta tutto.


E dulcis in fundo, una bella notizia di sapore natalizio: al Senato passa la proposta M5S per ampliare lo screening neonatale eliminando discriminazioni tra le Regioni. Contentissima Paola Taverna, che ha lottato molto per questo bel risultato. Auguri a tutti!
Fonte

venerdì 18 dicembre 2015

Banca Etruria, respinta mozione sfiducia #Boschi. Lei: “Favoritismi a mio padre? Mi dimetterei”

Bocciata la mozione contro il ministro delle Riforme: 373 no e 129 sì. Forza Italia non vota la sfiducia alla Boschi e Salvini minaccia: "C'è da rivedere alleanza per le amministrative". Di Battista contro il governo: "State prendendo in giro gli italiani"

Il risultato era scontato, meno le parole utilizzate dalla diretta interessata per respingere al mittente le accuse contro la sua famiglia. E’ stata bocciata come da pronostico (373 no contro 129 sì) la mozione del M5s contro il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi. “Io amo mio padre, che è una persona perbene. Ma se ha sbagliato deve pagare, come tutti. Non c’è spazio per favoritismi. Se i fatti contestati fossero veri? Mi dimetterei”. La mozione di sfiducia individuale è stata presentata dal Movimento 5 Stelle prima a Montecitorio (dove il governo è blindato) e dopo le polemiche anche al Senato (dove invece i numeri sono più risicati), ma sarà discussa solo alla Camera: non ci sono infatti precedenti in cui un provvedimento individuale contro un ministro sia discusso in entrambe le camere.
A rendere praticamente impossibile far passare la sfiducia in Aula, ci si è messa anche la spaccatura del fronte delle opposizioni. Forza Italia infatti ha deciso di non partecipare al voto per non sostenere il provvedimento scritto dai 5 Stelle. Una decisione fortemente criticata dalla Lega Nord: “Se non votano con noi”, aveva detto in mattinata il segretario del Carroccio Matteo Salvini, “ci sarà da rivedere l’alleanza per le amministrative”. Così anche la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: “Se Forza Italia non dovesse votare la sfiducia al governo in Senato (che invece sarà votata a gennaio ndr), anche se dubito accada, questo comprometterebbe parecchio delle nostre alleanze”.
A proteggere la rappresentate del governo, tutto il Partito democratico, forse per una delle poche volte compatto: “Se pensano di farci paura non ci conoscono”, ha commentato il sottosegretario e braccio destro di Renzi Luca Lotti, “bel boomerang, bravi”. In difesa della Boschi anche il renzianissimo Ernesto Carbone: “I grillini figli dei fascisti”, ha commentato su Twitter, “fanno la morale a noi? Sciacquatevi la bocca”. Contraria alla mozione, oltre ai democratici anche l’Italia dei Valori: “Azione vergognosa”, ha commentato Nello Formisano. “Dimostra quanto l’opposizione sia tragicamente non solo a corto di argomenti ma quanto non abbia scrupoli a strumentalizzare una vicenda, sconvolgendola, in cui il ministro nulla c’entra”.
Il discorso del ministro Boschi in Aula


Nel nome del padre, è stato un ministro Maria Elena Boschi di lotta e di governo quello intervenuto a Montecitorio per rispondere alla mozione di sfiducia individuale per il presunto conflitto di interessi nel caso Banca Etruria, dove Pier Luigi Boschi è stato vice presidente prima del commissariamento. Di governo, quando ha sottolineato che non ci saranno differenze di trattamento, di lotta quando ha rispedito al mittente le accuse contenute nel testo della mozione presentata dal Movimento 5 Stelle. “Non è mia intenzione esprimere valutazioni per la campagna contro la mia famiglia e contro il governo” ha detto la Boschi, che poi è entrata immediatamente nel vivo della questione: “C’è stato favoritismo, una corsia preferenziale? Questo è il quesito che viene posto. Se la risposta fosse sì, sarei io la prima a ritenere necessarie le mie dimissioni”. Il motivo della presa di posizione è tutto ‘governativo': “Sono orgogliosa di far parte di un esecutivo che esprime un concetto molto semplice: chi sbaglia deve pagare, chiunque sia, senza differenze e favoritismi. Se mio padre ha sbagliato deve pagare. Non devono esserci doppie misure”.
Successivamente la titolare delle Riforme è entrata nel merito della questione: “Mio padre accettò nel 2014 l’incarico nella Banca Etruria e con un decreto del febbraio 2015 gli è stato tolto l’incarico – ha detto – Dov’è il favoritismo nell’aver fatto perdere l’incarico a mio padre? Dov’è il favoritismo di Bankitalia nell’aver fatto pagare una multa di 144mila euro?”. Nel proseguimento della sua replica, il ministro prima ha ricordato le origini umili della sua famiglia, poi ha dato i numeri del presunto conflitto di interessi: “Non siamo la famiglia della Banca Etruria” ha detto, sottolineando che la sua famiglia possedeva poche migliaia di azioni, ognuna del valore (all’epoca) di circa un euro l’una, ma che oggi valgono zero. “Io posseggo, anzi possedevo, 1.557 azioni di Banca Etruria, per un valore totale di 1500 euro – ha detto – Oggi equivalgono zero e sono carta straccia. Anche altri in famiglia hanno piccoli pacchetti. Mio padre possedeva 7.550 azioni. Trovo suggestivo sentire che con un pacchetto di 1.557 azioni io fossi la proprietaria della banca o che lo fosse la mia famiglia. Dire che la Banca Etruria è la banca della famiglia Boschi è suggestivo, ma non corrisponde a verità fatti”.
Sui tempi dei rapporti dei Boschi con la banca, inoltre, il ministro ha aggiunto che “né io, né la mia famiglia abbiamo acquistato o venduto azioni da quando io sono stata al governo, nessun plusvalore può essere stato realizzato. Ma siccome non voglio che ci siano dubbi in questa Aula, proviamo ad immaginare che ci siano state azioni”. E giù con i numeri: “Prima del decreto il valore era sceso causando una minusvalenza. A seguito del decreto c’è stato un rialzo titoli che ha ridotto di 369 euro la minusvalenza – ha spiegato – Ammesso che avessi venduto azioni, ma non lo ho fatto, il grande conflitto di interesse di cui stiamo parlando al paese sono 369 euro. Analogo ragionamento vale per il pacchetto azionario della mia famiglia: ci sarebbe stato un conflitto di interessi per 2300 euro”.
Da qui la difesa personale: “Mi si dica che sono venuta meno ai miei doveri istituzionali, mi si dica, se lo si ritiene, che non sono all’altezza. Ma non vi consento di mettere in discussione la mia onestà, non ve lo consento io e non ve lo consentono i fatti che sono più forti del pressappochismo e della demagogia di questi giorni” ha detto la Boschi. La conclusione è in pure stile Renzi: “Volete indebolire il governo? Lasciate perdere. La realtà dei fatti – ha aggiunto la Boschi – è molto più forte del qualunquismo, della demagogia e del populismo che dice che alcuni non sono uguali davanti alla legge. Nella nostra Italia siamo tutti uguali davanti alla legge e questo è dimostrato. Auguro a tutti voi di giudicare i fatti, che sono più forti della demagogia. A chi pensa così di indebolire il governo, dico: lasciate perdere. Il Governo è attrezzato per respingere attacchi e portare avanti la nostra azione. Non ci fermeranno le bugie, ma andremo avanti per dare all’Italia una nuova opportunità”.
Di Battista (M5S): “State prendendo in giro gli italiani”


Al termine dell’intervento c’è stata una lunga standing ovation dei deputati del Pd. Applausi dal resto della maggioranza, mentre tutti i colleghi di governo si affollavano attorno a Boschi per abbracciarla. Immobili tanto i deputati di Sinistra italiana quanto quelli di M5S. La cui posizione è riassunta dall’intervento di Alessandro Di Battista: “Il dottor Boschi è stato nominato vice presidente un mese dopo che la figlia è diventata ministro, pensate di prendere in giro il Paese con il vostro doppiogiochismo?”. Accuse pesanti, ma non sono le uniche: “Il ministro Boschi ha un conflitto grande, non come una casa, come una banca” ha aggiunto l’esponente grillino, secondo cui “un ministro dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto, e lei – rivolgendosi alla Boschi – non lo è”.
Da qui l’accusa al governo nel suo complesso, ma sempre rivolta alla titolare delle Riforme: “Le esprimo la più totale indignazione verso il vostro governo per provvedimenti infami che hanno mandato sulla strada molti cittadini. Ha fatto un intervento pieno di pietismo e compassione, ma non abbiamo visto né pietismo da parte sua né da parte del Pd nei confronti di migliaia di cittadini truffati“. Poi Di Battista ha provato ad entrare nel merito della questione: “Pensate che il punto di valore siano le azioni? Il punto è semplice: il governo Renzi e prima il governo Letta ha favorito o meno gli interessi delle banche? La risposta è sì” ha detto. Poi la conclusione, con l’invito al ministro a farsi da parte: “Se quello che è successo a Boschi fosse accaduto in epoca berlusconiana, a Carfagna o Gelmini, sarebbero insorti tutti – ha detto – Oggi la mozione sarà bocciata. Non sappiamo se il caso si ingrosserà. Se dovessero sorgere altri elementi, evidentemente potrebbe succedere che il premier Renzi stesso possa chiedere di sacrificare il ministro Boschi – ha aggiunto – perché Renzi difende solo se stesso. Voteremo sì alla mozione, Boschi dimettiti. E viva l’Italia, nonostante questa oscena ipocrisia“.
Tensione Lega Nord-Forza Italia
Nel frattempo, la mozione di sfiducia presentata da M5s contro il ministro Boschi per il presunto conflitto di interessi nel caso Banca Etruria rischia di avere un effetto collaterale non di poco conto: rompere la coalizione di centrodestra e la ritrovata intesa tra Forza Italia e Lega Nord. Motivo del contendere è la decisione dei forzisti di uscire dall’Aula quando si tratterà di votare contro la titolare delle Riforme. Il Carroccio, invece, ha deciso di dire sì al provvedimento contro la Boschi, al pari dei grillini e di Sinistra italiana. Una distanza politica che non è andata giù al leader padano Matteo Salvini, che da Mosca non le ha mandate a dire. Le parole del segretario, però, non sono riferite al caso di specie, ma alla linea generale dei berlusconiani.
“Se Forza Italia non vota la sfiducia al governo, ci incazziamo e ci sarà da rivedere tutto, anche la coalizione Lega-Fi-Fdi per le amministrative” ha detto Salvini. Che poi ha spiegato la sua presa di posizione: “Al vertice di Arcore, questa settimana, abbiamo fatto un documento comune in cui ci impegnavamo tutti a votare mozioni di sfiducia nei confronti del governo – ha detto – Abbiamo detto che avremmo votato sia quelle individuali, sia quelle collegiali”. Oggi invece alla Camera Forza Italia si asterrà. “Non parteciperemo al voto di sfiducia individuale nei confronti del ministro” ha annunciato il deputato azzurro Giorgetti in aula, che poi ha richiamato l’attenzione sulla mozione di sfiducia nei confronti del governo presentata da Fi, Lega e Fdi. Per Salvini non basta: “Se anche sulla mozione contro il governo hanno cambiato idea e prevarrà la linea inciucista, a quel punto bisogna ripensare tutto” perché la Lega “fa accordi solo con chi è all’opposizione di Renzi“.
Renato Brunetta, poi, ha provato a stemperare la tensione rilanciando la mozione contro il governo anche al Senato: “Non abbiamo alcun dubbio che sarà presentata anche al Senato, e che conseguentemente ci sarà una relativa calendarizzazione della stessa, con la possibilità, per l’alternanza tra i due rami del Parlamento, di discuterla sempre a gennaio a Palazzo Madama” ha detto il capogruppo Fi alla Camera. “La mozione di sfiducia al governo a Montecitorio è stata scritta congiuntamente da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, così come deciso qualche giorno fa durante il vertice di Arcore tra Berlusconi, Salvini e Meloni. Alla Camera dei deputati questa mozione del centrodestra unito è stata presentata ed è già stata calendarizzare per metà gennaio 2016″.

Giorgia Meloni, poi, ha rincarato la dose contro i berlusconiani e spostato più in là l’asticella della tenuta dell’accordo: “La scelta di Forza Italia di non votare oggi la sfiducia è francamente incomprensibile, anche se come si sa avremmo preferito una sfiducia complessiva al Governo Renzi, come proposto da noi. Sarebbe una scelta tragica se non si volesse presentare analoga mozione di sfiducia al Governo Renzi, che il centrodestra ha presentato compattamente qui alla Camera, anche al Senato. Quello minerebbe ogni forma di collaborazione”.
Fonte

martedì 13 ottobre 2015

Senato, ultima fermata: oggi il governo straccia la Carta

Il sì al ddl Boschi. Rodotà: “È una legge nata male
e gestita ancora peggio”

Se si votasse ora col nuovo sistema, Palazzo Madama sarebbe quasi tutto del Pd



Il giorno in cui il governo di Matteo Renzi porta a casa la riforma del Senato è dunque arrivato. Dopo oltre un mese di scontri sugli emendamenti, polemiche sui voti e sugli “aiutini” alla maggioranza, scambi non proprio istituzionali con Pietro Grasso, verso le cinque del pomeriggio ci sarà il voto finale sul ddl Boschi (che poi tornerà alla Camera per la conferma definitiva) con cui il premier riporta l’ennesima vittoria sulla minoranza del Pd. Che si è accontentata di una modifica all’articolo 2 su un’ambigua elettività dei futuri senatori per alzare bandiera bianca. E infatti la riforma, nonostante le minacce iniziali, è filata via piuttosto liscia. Anche per merito del neo gruppo di Denis Verdini – Ala – che si è aggiunto alla maggioranza, con l’ex azzurro tornato prepotentemente al centro della scena. “La riforma è nata male ed è stata gestita anche peggio. L’accoppiata tra riforma costituzionale e Italicum ha degli effetti molto evidenti, un moto ascendente che va dal Parlamento al governo e dal governo al presidente del Consiglio senza più strumenti di controllo”, ha detto ieri Stefano Rodotà. Che parla anche di “una scarsa legittimazione”, perché “il modo in cui i voti vengono acquisiti delegittima le riforme agli occhi di una parte dell’opinione pubblica”. Si è sprecata l’opportunità di uscire “dal bicameralismo perfetto in maniera seria e non truffaldina”.

Tra l’altro, secondo le simulazioni, se si votasse oggi con la nuova legge, avremmo un Senato a stragrande maggioranza Pd, che potrebbe contare su circa una settantina di parlamentari, compresi i cinque nominati dal presidente della Repubblica, mentre verrebbero penalizzati i grillini perché non fanno alleanze. Poi c’è la questione delle tappe. La riforma, infatti, sarà in vigore non prima dell’autunno del 2016. Così, se si andrà a votare per le Politiche nel 2018 saranno solo sei le Regioni in cui i cittadini potrebbero scegliere i consiglieri da mandare a Palazzo Madama: Lombardia, Lazio, Molise, Val d’Aosta, Friuli (dove si voterà nel 2018) e Sicilia (al voto nel 2017). Nelle altre, finché non si andrà alle urne (dal 2019), i senatori saranno scelti dai consigli regionali. In Senato, insomma, ci sarà un turn over continuo di consiglieri regionali e sindaci, dove quelli a fine mandato saranno sostituiti dai nuovi eletti. In aula oggi non ci saranno sorprese. I senatori della maggioranza sono stati precettati per superare quota 170. Mentre il centrodestra si presenta spaccato: se la Lega non parteciperà al voto, Forza Italia voterà contro, ma con numerose defezioni.

martedì 6 ottobre 2015

Sex in the Senate, 5 giornate e non 10: Grasso si piega al Pd

Pene dimezzate per i verdiniani, indispensabili
per la riforma renzianissima


Lucio Barani
Pene dimezzate per i verdiniani, indispensabili per la riforma renzianissima. Sanzioni anche per i Cinque Stelle, in ossequio al detto “tutti colpevoli nessun colpevole”. E un nuovo processo sulla seduta di giovedì 1° ottobre, “perché quel giorno hanno offeso la Boschi”. Dopo oltre quattro ore di conclave, il Consiglio di Presidenza del Senato emana le sentenze per i verdiniani Lucio Barani e Vincenzo D’Anna, accusati di gesti sessisti nei confronti della senatrice del M5s Barbara Lezzi, venerdì scorso: cinque giorni di sospensione a testa, con effetto immediato. La metà della pena massima, molto meno di quanto auspicava il presidente del Senato Pietro Grasso. Ma di fronte al muro del Pd, con 7 membri su 18 del Consiglio, l’ex pm ha ripiegato su una mediazione sfumata. Sul registro dei cattivi anche il 5Stelle Alberto Airola con un turno di stop, per aver inveito contro la senatrice dem e segretaria d’aula Angelica Saggese (“Mi sono rotto i coglioni”, sostiene di aver urlato). Censura per il capogruppo del M5s Gianluca Castaldi (un cartellino giallo), colpevole di essersi rivolto con impeto alla Boschi. E censura anche per il gruppo della Lega, reo di aver sventolato banconote all’indirizzo dei verdiniani, giovedì.
Queste le pene, votate all’unanimità dall’Ufficio di Presidenza, con l’eccezione della rappresentante del M5s in Consiglio, il questore Laura Bottici, che non ha partecipato per protesta. Si sente defraudato il Movimento, che voleva le sanzioni massime per i verdiniani. “Io alla Camera ho preso 15 giorni di sospensione per aver gridato: onestà”, ricorda Alessandro Di Battista. Rabbia anche nel gruppo verdiniano, Ala, che parla di “insufficienza di prove”. Pare rinfrancato il Pd, che voleva limitare i danni per gli amici di Denis. Una linea chiara in Consiglio sin dal calcio d’inizio, alle 13.
Vincenzo D'Anna
Tutti cercano Barani, ma il craxiano con garofano perenne sulla giacca non si vede. Invia un promemoria difensivo, in cui afferma di essere stato “provocato dai 5Stelle” e rilancia: “Il mio gesto (la mano portata verso la bocca aperta, ndr) è stato equivocato, li invitavo a ingoiare fascicoli”. Appare invece D’Anna. Ma non verrà sentito. Niente testimoni per il Consiglio: la partita si gioca su alcune immagini, da visionare su un maxi-schermo. Ci sono i filmati interni di Palazzo Madama e c’è il video già diffuso da La7, che mostra D’Anna indicare qualcuno col dito e poi portarsi le mani davanti all’inguine. Si parte in orario, ma ci si ferma presto. Alla seduta del Consiglio devono partecipare tutti i gruppi. Così telefonano ad Ala, Gal e Conservatori riformisti (i fittiani), chiedendo che mandino un rappresentante ciascuno. I verdiniani inviano Ciro Falanga, i fittiani Cinzia Bonfrisco, da Gal rispondo: “Procedete senza di noi”. Si riparte, con i video. Quello del Tg La7è chiaro, i filmati interni sono sgranati. Uno dei presenti assicura: “La mano di Barani non si vede bene, ma si nota che l’ha portata verso le parti basse”. Contro di lui, anche le parole della leghista Stefani (“Ho visto quel gesto”). I rappresentanti del Pd (6 su 7 donne) la prendono larga. Parlano di “atti figli anche di un clima esasperato”, si lamentano delle “offese subìte dalle donne del Pd”. Invocano: “Bisogna allargare le verifiche ad altri gruppi e sedute”. È la linea di Falanga, che tira in mezzo la Lega: “Ci hanno offeso dandoci dei venduti”. Parla la Bonfrisco: “È stata offesa una donna, servono le pene massime”. Vuole dieci giorni di stop anche la Bottici: “A noi li dettero per aver bloccato l’aula durante lo Sblocca Italia ”. La dem Saggese accusa Airola di averla offesa in aula. Cita Castaldi, apparso in un video davanti alla Boschi, furibondo (“Prenda posizione”, avrebbe urlato).



Il tempo passa: si doveva finire alle 15, ma viene fissato un nuovo termine, alle 15:45. Alla buvette, D’Anna: “Ci difende Falanga? Ci daranno l’ergastolo”. La riunione scivola alle 16:30. Grasso fa la sua proposta con le varie sanzioni. E annuncia una seduta sui fatti del 1° ottobre. Si parla di una richiesta dal Pd: rinviare l’applicazione delle pene. Ma i dem negano. La certezza è che passa la proposta di Grasso. Fuori, Airola affronta la De Giorgi: “Siete degli infami, ho detto solo una parolaccia”. Lei replica: “Faccio finta di non sentire”. Lui urla: “Sono tutti dei papponi”. In aula, Castaldi: “Grasso, lei ci ha rifilato il primo cucchiaino di ricino”. Quindi, la Lezzi: “Sanzioni molto lievi, ma dobbiamo andare oltre”. Mentre Grasso promette: “D’ora in poi nessuna deroga al principio di correttezza”. Ora, la partita sulle presunte offese alla Boschi. “Vedrete cosa uscirà”, sibila una dem.